FRACTUS ovvero FRATTALE (meraviglia della natura o pura immaginazione …)
Per tentare di comprendere la meraviglia del mondo frattale e
come si origina, può essere utile analizzarne gli aspetti matematici. Partiamo
quindi dai numeri complessi. Questa “famiglia” di numeri è caratterizzata
da una parte reale più una parte immaginaria: la porzione reale è un qualsiasi
numero a cui siamo normalmente abituati (4, 9, 56 oppure 3,4589 ecc., sia
positivo che negativo) mentre la parte immaginaria è sostanzialmente qualcosa
che non esiste. Possiamo dire che è un concetto derivante dalla volontà di
estrarre la radice quadrata da un numero negativo. L’operazione, in se per se,
sarebbe impossibile: infatti, considerato che la radice quadrata altro non è
che l’operazione inversa della potenza al quadrato, non esistono numeri che
elevati al quadrato diano un risultato negativo. Per questa ragione si può
estrarre la radice solo di numeri positivi. Per risolvere il problema sono
giunti in soccorso i numeri immaginari, per mezzo dei quali, assunto che i2
= -1 ovvero che ,
possiamo estrarre la radice quadrata di un numero negativo (ad esempio la
).
In conclusione, un numero complesso è un’entità di questo
tipo: z = a+bi e può essere rappresentato su un sistema di assi
cartesiani (detto piano di Argand-Gauss) ponendo sull’ascissa la parte reale e
sull’ordinata la parte immaginaria. In questo sistema, la distanza del numero
complesso dall'origine degli assi, col vecchio Pitagora, è pari a . Tale distanza si definisce “modulo” |z|.
Dai complessi ai frattali
Per passare dai numeri complessi ai frattali è necessaria una piccola digressione e considerare questa semplice espressione:
xn
= xn-1 + rxn-1
(1-xn-1)
Con questa “formuletta”, assegnando un valore arbitrario di
partenza, possiamo estrarre un’infinità di numeri disposti in un certo
ordine. Ponendo ad esempio x0
= 1 avremo
quindi:
x1 = x0 + rx0 (1-x0 )
x2 = x1 + rx1 (1-x1 )
x3 = x2 + rx2 (1-x3 )
ecc.
L’espressione
è una esemplificazione di una relazione più complessa definita come “Legge
di Verhulst" che viene adoperata per calcolare la crescita di una
popolazione che ha a disposizione una quantità limitata di risorse. La quantità
r rappresenta il tasso di crescita cha la popolazione avrebbe se le
risorse fossero illimitate.
Ora, per
valori di r >1 (ad esempio compresi in un range tra 1,9 e 3) possiamo
disegnare un grafico disponendo sull’ascissa i valori di r e
sull’ordinata i rispettivi valori calcolati di xn. Ad ogni r
sarà quindi associata una particolare successione di xn. Quello che
ne viene fuori è la curva di Verhulst in cui si può osservare come, per valori
di r compresi tra 1,9 e 2, si ha una linea continua; oltre 2 i valori xn
non sono più costanti ma oscillano fra due alternative; a partire da 2,5 i
valori diventano 4, poi 8, 16, ecc.
La "curva di Verhulst" è una sorta di frattale, il primo che incontriamo.
Ma, insomma, cos'è un frattale?
Il termine
frattale fu coniato dal matematico francese Benoit B. Mandelbrot e ha origine
nel termine latino fractus, poichè la dimensione di un frattale non è
intera.
I frattali sono figure geometriche caratterizzate dal ripetersi
sino all’infinito di uno stesso motivo su scala sempre più ridotta. Questa è
la “definizione” più intuitiva che si possa dare di figure che in natura si
presentano con una frequenza impressionante, ma che non hanno ancora una
definizione matematica precisa: l'atteggiamento corrente è quello di
considerare frattale un insieme F che abbia proprietà simili alle seguenti
quattro qui elencate:
1) Autosimilarità:
F è unione di un numero di parti che, ingrandite di un certo fattore,
riproducono tutto F; in altri termini F è unione di copie di se stesso a scale
differenti.
2) Struttura
fine:
F rivela dettagli ad ogni ingrandimento. I frattali sono
superfici finite che hanno un bordo di lunghezza infinita.
3) Irregolarità:
F non si
può descrivere come luogo di punti che soddisfano semplici condizioni
geometriche o analitiche (la funzione è ricorsiva: F={Z | Z = f(f(f(...)))}
4) Dimensioni di
autosimilarità > della dimensione topologica
In definitiva, per
rendere il concetto comprensibile (per quanto può esserlo un argomento di
questo genere), un frattale altro non è che una superficie finita con un bordo
infinito la cui rappresentazione grafica è costituita dalla sua continua
reiterazione.
Quindi, per
"disegnare" un frattale attraverso un elaboratore, è necessario
precisare il numero massimo di iterazioni: un tempo finito non basterebbe
per calcolare un punto del frattale a infinite iterazioni. Volendo essere un po'
più precisi, si può dire che un frattale non rappresenta altro che la
"forma" del bacino di attrazione di una successione a valori complessi
definita per ricorrenza, rappresentata sul piano di Argand-Gauss.
Utilizzando la funzione F(z) : Z =
z2 + c si ottengono due tipi di frattali che
sono generati dalla stessa equazione, ma con valori differenti per il parametro c:
l’insieme di Julia e l’insieme di Mandelbrot.
Applicando Mandelbrot, la Z iniziale viene posta uguale a zero mentre il valore di c
(diverso da zero) può essere scelto a piacere; a seconda del valore iniziale di
c, si avranno risultati grafici diversi.
Iniziando il ciclo
di calcolo dei valori di Z e ponendo i vari punti così determinati sul piano
complesso, si nota come questi vadano a collocarsi in
modo apparentemente caotico.
La genialità di Mandelbrot è stata quella di scoprire che se
durante la ripetizione di questa formula, la dimensione di
Z (ricordate? Abbiamo
definito questo parametro all’inizio, quando parlavamo dei numeri complessi:
abbiamo detto che, sul piano di Argand-Gauss, il modulo |z| è la
distanza del numero complesso dall’origine degli assi) non riusciva ad
allontanarsi di molto dallo zero centrale, rimaneva cioè inferiore a due,
anche dopo molte iterazioni,
Z era prigioniero di un attrattore strano che non
l'avrebbe mai lasciato fuggire. Ma cosa è un attrattore? Per attrattore
s'intende un’entità verso la quale un sistema è attratto o tende a
stabilizzarsi.
Questi numeri vennero poi definiti come numeri appartenenti
all'insieme di Mandelbrot.
Per vedere in quale modo essi si disponevano sul piano complesso, Mandelbrot,
con l'aiuto di un computer provò a colorare di nero i pixel associati a quei
numeri che non riuscivano a superare la dimensione di due (in tal caso si dice
che il modulo |z| non diverge) e a colorare di bianco quelli che
invece ci riuscivano (il modulo |z| diverge e tende
all’infinito). Ottenne così la prima rappresentazione grafica di questi
strani oggetti matematici: i frattali.
Quando poi ebbe a disposizione un monitor a colori, la cosa si
fece davvero sorprendente: provò a colorare i pixel bianchi (rappresentanti,
quindi, i punti il cui modulo era divergente) e li colorò in base alla
velocità con cui riuscivano a superare il valore di due, vale a dire quante
volte era necessario ripetere il ciclo per superare il valore di due. Ad esempio
se si era ripetuto il ciclo 20 volte, il pixel veniva colorato di rosso, se era
stato necessario ripeterlo 22 volte si colorava di viola, se veniva ripetuto 28
volte il colore era blù, ecc.
Per sintetizzare, in definitiva, potremmo dire che l'insieme di
Mandelbrot è il confine dell'insieme di punti che "scappano" verso
l'infinito e noi, osservandone i colori, possiamo stimare la loro velocità
di fuga.
Gli insiemi di Julia
Per questo tipo di frattali valgono, in qualche modo, le stesse
considerazioni fatte per Mandelbrot : la formula matematica di partenza è la
stessa, la differenza consiste principalmente, all’inizio del ciclo, nell’assegnare a c un valore
diverso da zero: modificando il valore iniziale di c si possono ottenere
un’infinità di frattali. Buoni risultati grafici si ottengono assegnando a c
dei coefficienti reali ed immaginari compresi fra 0 ed 1.
Vi sono due tipi d'insiemi di Julia che vengono definiti connessi e non
connessi. Quelli connessi sono quelli che hanno le coordinate uguali a
quelle che, nell'insieme di Mandelbrot, vengono colorate di nero. Si dicono
connessi perché tutti i suoi punti sono connessi ed il centro è vuoto e nero;
quelli non connessi sono molto più belli e sembrano piccole stelle sparse o
merletti delicati.
Iperfrattali
Sorvoliamo ora sulle complesse relazioni che legano gli insiemi
di Julia e di Mandelbrot e diamo un rapidissimo cenno ai cosiddetti iperfrattali.
Come ricorderete, un numero complesso è costituito da una parte
reale ed una immaginaria. Manipolando questi numeri ed applicando una sola
semplice formula, come abbiamo visto, otteniamo rappresentazioni dei frattali
molto belle e suggestive. Si deve all’irlandese William Rowan Hamilton
l’introduzione di nuove entità matematiche: i quaternioni. Questi
numeri speciali, semplificando molto il concetto, sono una sorta di triplo
numero complesso (…!), vengono cioè aggiunte altre due unità immaginarie j
e k alla primitiva unica parte immaginaria
i.
Un quaternione assume dunque la forma:
q = a + ib + jc + kd dove a, b, c, d sono numeri reali
mentre i, j, k sono numeri immaginari.
Quindi, se i numeri complessi avevano due parametri, la parte
reale e la parte immaginaria, ora i quaternioni ne hanno ben quattro; i numeri
complessi potevano essere rappresentati su di un piano, ma per i quaternioni
questo non è più sufficiente: ci vorrebbe un'entità a quattro dimensioni. E
questo è fuori della portata delle umane possibilità (almeno per il
momento…).
L’unico modo di “vedere” dei frattali quadridimensionali è
quello di “tagliare” delle fette bidimensionali fissando arbitrariamente due
dei quattro parametri del quaternione.
Si ottengono, in tal modo, rappresentazioni bidimensionali dei
cosiddetti iperfrattali.
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Fonti: Massioni, Savoldelli