MICHELE BATTAGLINO

Cenni biografici

Nato a Genzano di Lucania (PZ) il 22-3-1944, ha frequentato il ginnasio a Potenza, il liceo classico a Bari e l’università a Pisa, dove si è laureato in Lettere Classiche.

Dal 1969 al 1989 è stato Docente di Italiano e Latino nel Liceo Scientifico “E. Majorana” di Genzano di Lucania, dal 1989 è Preside di liceo.

Nel 1991 ha assunto la carica di Sindaco di Genzano di Lucania.

Dal 1991 al 1997 è stato Membro del Consiglio Direttivo dell’ IRRSAE della Basilicata e responsabile del servizio “Metodi tecniche della ricerca sperimentale”.

Attualmente è Dirigente Scolastico del Liceo Classico “G. Galilei” di Pisa.

E' stato, inoltre, Direttore di corsi di formazione per docenti immessi in ruolo dal 1996 al 2001 e Componente di giuria di Premi di Poesia.

Alcune sue liriche, che hanno ottenuto importanti riconoscimenti in premi letterari, sono entrate in qualificate antologie. E' interessato, oltre che alla letteratura italiana e straniera, a studi filosofici, pedagogici e storici.

Ha pubblicato:

  • Sotto il cielo di tutti

  • Milano, Editrice Italia Letteraria, 1980 (poesie)

  • Origine di Genzano di Lucania

  • Potenza, Zafarone & Di Bello, 1981 (saggio  storico)

  • Filippo De Marinis e la repubblica napoletana del 1799

  • in Uomini e comunità dell’Alto Bradano, Bari, Puglia Grafica Sud, 1985 (saggio  storico)

  • Miopia

  • Venosa, Edizioni Osanna, 1987 (poesie)

  • La dimensione elegiaco-epigrammatica della poesia sinisgalliana

  • in Atti del simposio di studi su Leonardo Sinisgalli, Matera-Montemurro 14-15-16 maggio 1982, Matera, Liantonio, 1987, pp.  467-482 (critica letteraria)

  • La “spiritualità” di Orazio: ideale etico ed estetico nelle Odi

  • in Conoscere Orazio, Potenza, Quaderni Humanitas, 1991, pp.189-212 (filologia latina)

  • I luoghi dell’infanzia nella poesia oraziana

  • “ESSEFFE. Sistema formativo”, Bollettino dell’IRRSAE della Basilicata, giugno 1995, n. 1, pp.13-21 (filologia latina)

  • Note storiche  sul convento delle Clarisse di Genzano

  • in Il monastero dell’Annunziata in Genzano di Lucania, Palazzo S. Gervasio, Tip. “A. Manuzio”, 2004, pp.13-36 (saggio storico)

  • Radici e ali

  • Lecce, Manni, 2006 (poesie)

  • Aquilina di Monteserico  (Venosa, Osanna Edizioni, 2008)

  • Frutto di una lunga indagine condotta in numerosi archivi e biblioteche, il testo getta nuova luce sull'enigmatica feudataria Aquilina di Monteserico vissuta tra la fine del XIII e la prima metà del XIV secolo. Dopo aver chiarito chi era Aquilina, confutando vari errori tramandatici (il suo casato era de Montesericola e non Sancia, non era sorella della regina Sancia, non deve essere confusa con la contessa Aquilina de Gentiano, vissuta una trentina di anni prima né con Bona Sforza, regina di Polonia e duchessa di Bari e di Monteserico, ebbe solo due mariti e non tre, morì nel convento di S. Chiara di Barletta nel 1335 e non in quello di Genzano nel 1336), il volume affronta il suo punto centrale: un'edizione critica e ragionata del Testamento di Aquilina del 1327 (di cui non esiste più il documento originale e che è giunto a noi variamente rimaneggiato). 

    Il libro è poi completato e arricchito da riproduzioni di documenti e da interessanti notizie sulle strutture sociali a Genzano e Monteserico in epoca medioevale.

  • Variazioni lucane  (Pisa, ETS, 2008) Versioni poetiche di canti dialettali lucani

  • Ipotesi sulle origini di Genzano   (Venosa, Osanna Edizioni, 2010)

  • Questo libro aggiorna, modificandolo radicalmente, il saggio pubblicato nel 1981. Idea centrale è la nascita nell'area Pila Grande-Festula, tra la fine del I sec. a.C. e l'inizio del I d. C., di un fundus Gentianus, un latifondo di un ricco proprietario di nome Gentius o Gentianus. Dissoltosi il latifondo forse nei secoli VI-VII, gli abitanti si sarebbero rifugiati nell'attuale paese vecchio, un sito molto sicuro e ricco di acqua, portandovi anche il nome originario.

 

  • La scomparsa della luna (romanzo) - Lecce, Manni, 2010

 

 

Michele Battaglino


Il primo tentativo documentato e analitico di illuminare le oscure origini urbane di Genzano di Lucania






Altre sezioni interessati:

Per le persone meno fortunate di noi:

 

 

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Sotto il cielo di tutti

1980

Da Sotto il cielo di tutti si riporta

la poesia che dà il titolo al libro


«Homo sacra res homini»

(Seneca, Ep. ad Luc., 95)

1

Non s'ode più per strada strimpellare

di accattoni, chiedere silenzioso

di donne con la mano tesa

nell'aria tra passanti distratti:

in città vivono auto veloci,

colletti inamidati, turisti.

La Fame con cenci rappezzati,

sfrattata da superbi grattacieli

e boulevards in fiore di Parigi

e Roma, si ritira vergognosa

in catapecchie di periferia

tra promiscuità di letti.

E nel silenzio di fredde notti

al riparo di lacere coperte

ascolta gemiti trattenuti

di donna ancora fanciulla

sotto il sudore di mani callose,

mentre la mamma nell'altra capanna

vende abitualmente l'ultima

giovinezza per un pezzo di pane.

Forse per questo l'uomo talora

- quando dorme su cuscini di piuma

o lungo spiagge s'abbandona al sole

o ride sotto il cielo di tutti -

si vergogna d'essere uomo.

A Detroit davanti a scuole di marmo

lasciano la nurses paffuti scolari.

L'aula è divisa in due file di banchi.

In palestra un lungo steccato

separa due campi: di qua piedini

neri calciano l'erba guardando

quei piedini bianchi dietro palloni.

Per le vie di Newark, per le vie

di Harlem l'asfalto di notte

s'inzuppa di sangue e nessuno ha visto.

Sui marciapiedi occhi immobili

di donne guardano il cielo

e ripensano la patria lontana...

- Videro i padri con meraviglia

navi stregate toccare la baia,

aste lucenti e croci al petto,

razzie di mandrie e fuochi nei campi;

videro dio Male colore

di luna venire dal mare

a riprendere le terre. -

Ovunque il Sud Africa è Sharpeville

e in città il timido negro

porta ancora chiusa nel pugno

la patente di circolazione.

Forse per questo l'uomo talora

- quando dorme su cuscini di piuma

o lungo spiagge s'abbandona al sole

o ride sotto il ciclo di tutti -

si vergogna d'essere uomo.

Folle incantate andavano

per aridi campi di Palestina.

Voce celeste seminava al mondo

accorate parole di pace:

- amate gli uomini e le razze,

i fiori, il respiro dell'aria:

ogni cosa viene dal cielo:

abbracciate il vostro nemico. -

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2

Ora i figli dei figli in un baleno

portan odio e cannoni a Ismailia

e lungo il Canale l'acqua fosca

getta brandelli e sangue sulla sabbia.

E’ teatro di trincee il deserto:

il sole dissecca resti di teschi.

Ai piedi di Gaza dai cespugli

striscia Marah in lacrime cauta

cercando carponi un viso

tra mucchi di cadaveri ed elmi.

Presto mani robuste la tirano

e sulla collina scoperta giace

sotto file di soldati furenti.

Rimasta libera va barcollando

(le occhiaie nere, i capelli in viso)

ma ritornano fischi di mitra

e il corpo steso in convulsione

abbraccia sterpi e punte di sassi

mentre alle spalle risuonano

frenetiche le sghignazzate.

Forse per questo l'uomo talora

- quando dorme su cuscini di piuma

o lungo spiagge s'abbandona al sole

o ride sotto il cielo di tutti -

si vergogna d'essere uomo.

Rombo minaccioso di motori

ancora una volta squarcia

stridendo il cielo di Lam Sa,

sparso nelle campagne bruciate.

Jack tremante sul bersaglio

corre al ranch del Mississipi

ai bambini in ginocchio

accanto alla mamma in preghiera

a Tom felice lungo la riva

con la lenza nelle manine.

Meno due... meno uno... ecco il ponte

ecco donne tra lo spavento:

Jack ritira lo sguardo e con fracasso

scaglia crudelissime bombe a biglia.

Poi tra rami di bambù in fumo

la piccola Huan si trascina

con un moncone insanguinato

e il padre accorso in ritardo

amaramente abbozza un sorriso

e le asciuga le lacrime

assicurando che la gamba

germoglierà a primavera

assieme ai rami del banano.

- Presso Nam Ha tra gli alberi brucia

un jet e Bob ferito si dimena

nella risaia all'incalzare

di contadini con falci e canne.

Giunge con le miliziane la bella

Nguyen Thi Hang e si fa largo

puntando il fucile, livida d'ira;

poi guarda il gigante Bob che implora

(gli occhi azzurri e il braccio maciullato)

e subito si martella dentro

bestemmia la guerra schifosa

la guerra che fabbrica nemici

e grida alla folla di correr via

e minaccia gesticolando

chi sfiorerà il prigioniero.

Forse per questo l'uomo talora

- quando dorme su cuscini di piuma

o lungo spiagge s'abbandona al sole

o ride sotto il cielo di tutti -

si vergogna d'essere uomo.

 

Aprile-maggio 1969

Miopia

1987


Da Miopia si riportano le seguenti due poesie. La prima dà il titolo alla raccolta


 

 

MIOPIA

Spesso tutto è perduto

dentro inafferrabile fumo

pallido d'identità. Non ha carezze

l'aria ne la luce i suoi colori.

La vista è piccolo fiammifero

che qua e là s'accende a illuminare

un solo punto nero, il più vicino.

Il tutto (e il meglio) lontano rimane

chiuso alla nostra comprensività.

Non so più se è asfalto o prato

quello che appare laggiù dal balcone

mucchio di sterpi o cespo di rose

strisce di plastica o esili

capelli di salice abbandonati

al sole. Ah la miopia! Ma se inforco

gli occhiali un calore

è serpe sotto la pelle

novello flusso penetra nel sangue.

Torna nel cielo l'arcobaleno.

L'orizzonte apre monti e case

variopinte con gente seminata

lungo strade e campagne

nell'abbraccio d'uno sguardo.

La distanza si accorcia. Ecco

il fiammifero è una torcia.

SUL VASO

Non a me grazie ma alla radio

se ogni mattina penetrate

in questo sacro recinto che apre

col suo rito la mia giornata.

Tutti presenti i gerontocrati

come da magia qui convocati.

Mr. Well per ardore di pace

manda spie ed armi in Nicaragua

lancia anatemi denudando il petto

sicuro faro dell'Occidente.

Il gelo siberiano non scalfisce

l'imbronciato Da che dal sofà guida

i fili delle bombe afgane

e i pensieri dei fratelli polacchi.

Nel vino italiano Merci impasta

la calce e Lady Sweetness spedisce

soldati a spazzare Londonderry.

Herr Gebot getta ponti a sinistra

mentre a destra strizza l'occhio.

E Rossi in camere buie cerca

il bandolo dell'imbrogliata matassa

il grimaldello che a nuova

aria dischiuda la finestra.

Quando mi levo e tiro lo scarico

allo scroscio gargarizza il vaso

liberando il puzzo dalla stanza.

14-3-1982

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Radici e ali

2006


Da Radici e ali si riportano le seguenti due poesie


Ove tutto è predisposto 

Ove tutto è predisposto

(il tavolo e le sedie al loro posto

il tappeto disteso il letto rifatto

i quadri appesi le piastrelle lucenti

l’acqua cambiata nel vaso dei gigli)

è lì che attende impaziente

balza in piedi va alla finestra

tende l’orecchio al minimo brusio

a un probabile calpestio.

(Ecco improvviso alito di vento

accelerazione brusca di motorino

sbattere sordo di qualche uscio

che rompe l’immobilità del giardino).

Pendono maturi i frutti del nespolo

vi sosta una coppia di storni.

Arriverà dal viale il fascio di luce

e colori. Arriverà … Già trabocca

la stanza. Cadono i muri. S’aprono

gli occhi al vasto orizzonte.

 

Della partenza forzata ricordo 

Della partenza forzata ricordo

la gelida tramontana che sferza

gli isolati e scioglie alberi e pastrani,

il vuoto nero delle strade

i cani randagi rannicchiati ai muri.

Quel sibilo riprende corpo

sovente nelle notti insonni

                   al chiuso

di grigi alloggi metropolitani

e allontana di più il ritorno.

 


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