ANIELLO ERTICO

Cenni biografici

Aniello Ertico è nato a Potenza nel 1973. Dal 2000 è Direttore di Filiale di una Banca di rilievo nazionale, per la quale ha svolto le sue mansioni in molti centri della Lucania. Attualmente lavora e vive a Genzano di Lucania. Colleziona crocifissi d'epoca ed ama restaurare oggetti antichi. Ad un'innata passione filantropa, associa quelle per la scrittura e per la musica. E' conosciuto ed apprezzato anche per le sue personali di fotografia artistica recensite da illustri critici d'arte.

Titolare di una galleria d'arte in Acerenza, è appassionato e conoscitore di arte sacra. «Emissione massiva» (Metamorfosi in versi di un inverno) è la sua prima produzione poetica data alle stampe (2007).

Una breve recensione di Gianrocco Guerriero

Nella poesia di Aniello Ertico immagini evocate, musicalità e peso semantico delle singole parole giocano un equilibrio raro a trovarsi...

Si ha la netta impressione che la musica sia già "lì dentro", congelata, in attesa di una mente che la profani per poter venir fuori. E che quasi alla stessa guisa dei gèni racchiusi nelle lampade delle storie di Shahrazàd (Le Mille e una notte), possa essere evocata dalla pura forza della "parola". Ritroviamo così quel "verbum creatore" che si fa intermediario di una sorta di "travaso" dall'autore al lettore, in una dimensione psichica che va molto al di là della mera percezione sensoriale.

---- N.d.R. ----

E' con una certa dose di stupore che si scopre il poeta celato in Nello Ertico così come non ha mancato di colpire, e profondamente, lo "spettacolo" messo in piedi da alcuni amici per la presentazione di questa sua prima pubblicazione rapidamente esaurita e già in ristampa presso Ed. Progetto Cultura.

L'evento, sapientemente farcito da musica, immagini e recitazioni si è svolto nel marzo scorso in una bella e affollata sala acheruntina sperduta nella campagna lucana; tanto che è parso quasi strano il fatto che, dalle nostre parti, oltre che interrogarsi sugl'infiniti dilemmi del vivere quotidiano, si potesse fare e dire di poesia.

L'incontro ha suscitato emozioni complesse, talora contrastanti, e ha dato vita a un vivace scambio di opinioni nel non-luogo virtuale di Acerenza. 

Forse il primo a stupirsi di tutto ciò è stato proprio Ertico che, con assoluta modestia, ha postato: 

"Ricordo tuttavia che è solo poesia."


Sul finire del 2009 Nello Ertico dà alle stampe la sua seconda raccolta di poesie dando pratica dimostrazione che il suo non è fuoco fatuo. «L'uomo nel vento» (Osanna Edizioni) vede la luce nel dicembre di quell'anno: ventitrè poesie con un preludio in prosa illustrate superbamente da ben 18 opere di Antonio Masini. Un libro singolare e sottilmente avvincente in cui il lettore viene preso per mano e lentamente condotto lungo un percorso talvolta accidentato. Fino al ventitreesimo giorno, quando l'uomo nel vento va alla corriera e, come un coriandolo, ancora riparte.

Ma diamo una sbirciatina all'opera attraverso le parole di Mario Ciola che ha firmato l'introduzione di «L'uomo nel vento»:

Salomè sulle creste dei rovi  

 (Introduzione alla poesia di Aniello Ertico)

 Aniello Ertico torna così sulla scena delle lettere riaffidandosi al pianto nascosto della poesia con un opera estrosa, spinta al limite del fastidio e della dissipazione. Giocoliere ubriaco e affidabile, spudorato e fraudolento - al punto di fingersi, alternativamente, vacuo e eccessivo, metafisico e gelatinoso - deciso e lesto di sgorbia ripercorre l’esistenza fantasmatica di Damien, scampato ai capricci di Eolo e diventato distrattamente adulto tra le luci di Melbourne, per ricomporre per noi e per tutti i frattali della memoria dentro i fondali di un tempo altro. Quello spiritato e temibile della fascinazione, quando le malombre balzano dagli stagni e gli angeli cadono sulla terra, desiderosi di cantare le nostre sconfitte.

Ne sortisce, così, traslitterata nell’alfabeto cubista e dodecafonico di un cantore senza macchie e paure, un’originalissima Via Crucis in ventitré stazioni: assolate e magnetiche, cruente e primitive, ascetiche e stralunate, peccaminose, a tratti, come una rumba lenta per disfrenare - chissà - una carnalità avvilita. Sono vicoli e radure, castagni moribondi e visionari, tratturi arroventati dallo scirocco e resi deliranti dal limìo delle cicale, postriboli sgargianti e lune troppo piccole per essere di tutti. E una babilonica collezione di feticci, reliquie e rimorsi, nostalgie e ravvedimenti in cui l’Autore sembra offrirsi docile, ma provveduto per antica dimestichezza, al rischio degli incantamenti. E sarà a quel punto, tra veglia e sonno, nei lampi al magnesio della fascinazione, volatile eppure clamorosamente estesa, che Damien, tornato alle millenarie solitudini del “natio borgo selvaggio” per ingoiare le spine dell’infanzia, disseppellire angeli mocciosi e spadaccini, riabbracciare e smarrire - novello Orfeo disceso agli inferi del risentimento - la sua Euridice scalza e selvatica, troverà la chiave per risalire, bracciata dopo bracciata, la corrente verso una salvezza tanto esigua quanto assoluta e indeclinabile. (...)

Aniello Ertico


Emissione massiva


L'uomo nel vento


 

 

Liriche tratte da "Emissione massiva"

Basentello

Ho pensato alla strada che porta ai deserti del grano.

Aquile sono i passeri enormi

Vipere in ogni solco.

Ho rivisto i riflessi del sole felino

E le Ralle e gli sterpi accesi

In quel catino che è la valle.

Vipere in ogni solco

Passeri enormi

Deserti di grano.

Il cane smunto ma vivo

Cammina piano e furtivo:

Si gode fierezza del superato inverno

E nell'afa trova il premio,

Per se stesso e per la pulce

E per ogni morso non dato

Cresce il passo disperato.

Sotto, i passeri enormi

Sopra ogni solco

E chicchi dispersi.

Inutili.

Passeri enormi

Vipere

Fino a sera.

Sempre uguale.

Da qui fino a Matera.


Imbarcadero

Nel pomeriggio di Pat,

Dispiegai ali al vento.

Sull'imbarcadero al tramonto.

E respirai l'aria che,

Ti assicuro,

Alla velocità d'uomo volante

Punge fianche d'estate.

Ed in volo rapido e sicuro mi rivolsi alla riva

Ed al pontile riverniciato

Male e da poco.

Rividi nell'aria l'uomo che sono

In un baleno d'istante.

Da quel gradino scendendo

In quel momento...

Sull'imbarcadero al tramonto.


I versi che chiudono "Emissione massiva"

Quando si ha bisogno, di solito,

Si ha bisogno in fretta.

L’urgenza è vezzo di intensità.

Certo, la fretta produce risultati massivi;

Singoli approssimativi, complessi soddisfacenti.

Quand’è così,

Il complesso porta il nome di Emozione.


 

 

 

(Illustrazioni in tecnica mista di A. Masini)

 

Liriche tratte da "L'uomo nel vento"

La Volpe

L’orlo del tronco monco

Miagola,

Prima di criccare

Già subito dopo l’alba.

 

Feroce, l’odore marcio della steppa

Manco fosse di porte chiuse da un’era.

 

Mi rimbocco la gola ed assaggio l’odore,

Siffatto sapore

Essenza di muta

Istante che sfotte la pancia e richiama la volpe

Quella crepata forse all’una di ieri

Che miagola morta. Sin dall’alba.

 

L’ho vista stamane

Parcheggiata in segreto

Esistere, ancora,

Ubriaca e zitta

E i papaveri dietro.

 

PRIMO GIORNO. DOPO LA CURVA DEL BECCOFINO


Forse l'Amore è blu

Sebbene planando ricordassi,

Mi sono inerpicato sul giaciglio dei rovi

Mi parlavano di passeggiate a Mykonos,

Odori mediterranei.

E' difficile la macchia tra serpi e spine

Né donna, potrai evitare il bruciore sulle gambe tenere di sapone.

Ma ascolta, ovunque tu sia,

Tra questi odori,

Sulla tua faccia,

Cera persa,

Potrei spalmare miele alla lavanda

E suggestionare la tua pancia

Con la forza che caccia in alto l'erba e affonda le radici.

Poi, a rivederti a mente,

Curarmi di te pare cogliere le more e non mangiarne

Ma del nero frutto distillarne il succo

E sporcandoti con questo, meraviglia dentro agli occhi,

Rivelarne nei riflessi sul tuo collo

Una maliziosa vertigine blu.

 

QUINDICESIMO GIORNO. SOTTO ALLA CONTRADA GRANDE GRAVE


L’uomo nel vento

Cercando il fiore da custodire dentro al libro

Un fiordo asciutto per stendere un ritratto

Sondando il circo vuoto del prestigiatore matto

Riparto ancora

Coriandolo nel vento.

Poi,

Mosso al pianto dal saluto di un passante

Mi son voltato da quello sguardo mai incontrato

Che, incurante, come fosse a me incollato

Senza voce, in un istante, ha sentenziato:

Del siero in vita sappiti stupire

Che delle more son pieni apposta i rovi

Ai tuoi martìri non dare troppa voce

Che il Giocoliere è già una volta morto in croce.

 

VENTITREESIMO GIORNO. ANDANDO ALLA CORRIERA

 

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