GIANROCCO GUERRIERO 

Le poesie che seguono sono tratte da "Fatti di Tempo e di Parole"


IL SECCHIO CHE GIRA

Giammai si afferra il Tutto

senza la conoscenza d'ogni parte,

ne tantomeno il senso

d'una parte può essere compreso

strappata da quel Tutto.

Non è viva una goccia senza il mare

e non lo è il mare senza gocce.

Pare assurdo il cuore senza un corpo,

non ha vita un corpo senza il cuore.

Invocherete il campo

per spiegare l'elettrone

e troverete ch'esso

non ha senso senza un quanto.

Mai vi sarà chiara alcuna azione

che venga svincolata da un contesto,

ne vi sarà contesto senza azione.

Cosa le mie parole ad una ad una?

Eppur cosa ogni frase senza di esse?

La curva d'acqua nel secchio che gira

forse è intellegibile alla mente

solo se essa non muta a secchio fermo

quando intorno vi girano le stelle!

Chiedete al sasso

di spiegarvi la montagna,

vi condurrà dalla montagna

a domandare cos'è il sasso.

È mirabile gioco di parole?

È vizio circolare della mente

il chiedere al Tutto

motivo d'ogni parte

e d'ogni parte al Tutto?

Oppure non si chiude

perfettamente il cerchio ad ogni giro?

Potrà mai l'invisibile spirale

collassare il cerchio in punto

e darci conoscenza?


NON SON VERO POETA

Non son vero poeta.

Se a volte scrivo in versi

è solo per paura

di esser troppo serio

con numeri o parole

buttate nel recinto

di regole e sintassi,

logiche dure, prassi.

Può volare il poeta

più in alto col pensiero,

dove quel che si coglie

è pesca fatta a caso.

È ascetico il pensiero

rubato all'intuizione,

a volte senza un nesso

con altro o con l'azione.

Può volare il poeta,

libero senza briglie,

per questo mi abbandono.

Poi torno alla Ragione.

Se, ingenui, pensate io sia

poeta, vi sbagliate.

Prendo solo in prestito

le ali: ali di cera!

Fuori dal labirinto,

volando troppo in alto,

come Icaro le brucio.

Non son vero poeta

che vola per volare.


IN BILICO SU UN FILO

Ibrida è la vita di uno scrittore,

in bilico su un filo che collega

mondi possibili all'unico vero.

È fatica per lui il discernimento,

succube ormai del vagabondare

incessante in essi del suo pensiero.

Non teme ostacoli la libertà

di uno scrittore, spazia la sua mente

aperta fra quei mondi: smonta il Tempo,

ne dilata gli attimi, ricompone

dando vita e forma ai suoi pensieri.

Vi apparirà un po' strano uno scrittore,

è uomo mal riuscito, non produce.

Ignoratelo oppur passate oltre.

Credetemi, non è facile per lui

tenersi in equilibrio su quel filo.


UNO SCRITTORE ALLE SUE PAROLE...

Parlo con voi aride parole di una lingua soave,

con voi parole spigolose e senza rima

che fuggite via dalla mia penna senza costrizioni

e che ancora vi aggrappate, a volte, al vecchio stile

non so se per rimpianto o per paura.

Parlo con voi parole, voi parlate con voi stesse

un soliloquio che vi rende attori e spettatori a un tempo.

Voi, parole, che dietro una siepe avete sognato l'Infinito

ed avete urlato la disperazione del pastore errante,

esplorato Ade, Limbo ed oltrepassato incerte soglie

di altri mondi con Cavalieri e Fate e poi Giganti;

voi che per prime, libere, varcaste confini

eretti da solide Colonne e minacciose,

non mi abbandonate.

Parlo con voi parole soggiogate, frustate a sangue,

significanti, insignificanti, stratificate

in scatole di bit vaganti intorno al Mondo;

parole appesantite, abusate, gravi,

non più libere di spiccare voli

che restituiscano splendori di vette irraggiungìbili.

Voi, parole, ancora inquisitrici dure ed aspre

di mille altre parole, armate di ermeneutiche

sempre diverse e uguali racchiuse in scatole cinesi;

vere fenici che rinascono per rinnegare quella cenere

dove hanno attinto vita e sarà loro morte;

liriche un tempo poi libere come fanti in fuga,

buttate giù a caso, alla deriva, evocative, trascendenti,

quasi bacchette magiche

in mano a maghi della genia di Ermete;

parole sfocate adesso, inafferrabili,

parole sempre più contaminate, alienate, sterili,

striscianti come vermi affamati e sazi

in un corpo putrefatto e voi stesse causa di putrefazione,

cosa avete ancora voi da dire?

Non lasciatevi corrompere, parole,

da ciò che non è niente,

dal tratto nero di una penna senza sbavature

o del carattere perfetto digitato sullo schermo di un computer.

Non lasciatevi corrompere parole!

Non piangete solo lacrime di autocommiserazione,

continuate ad inventare mondi sempre diversi

in sempre diversi modi.

Non lasciatevi arenare!


...RISPONDONO LE PAROLE

Niente potrà mai arenarci,

avèllere quel che da sempre è nostro;

ci prestiamo a mille usi come un fiume a cui si attinge

ed in cui si gettano detriti

che il tempo depositerà sul fondo.

Sono molteplici, infinite le storie che possiamo ancor narrare.

È dato pure a noi di assolvere, di condannare,

di suscitare moti al cuore in liriche strazianti

o farci invereconde;

mischiarci malamente calettate in orditi senza senso

o in fila come tanti fanti

in analitiche speculazioni del pensiero.

Siamo sempre noi parole, fenici hai detto ed a ragione,

che seguiamo, docili o frustate, il passo dei tempi

e, con o senza velleità, andiamo avanti a volte

dando un nome a cose incomprensibili alla mente

che poi noi rendiamo vere.

Persino dentro ai numeri o nascosti in secchi simbolismi,

freddi ed aspri agli occhi dei profani,

quasi ibernate, ci siamo noi parole

a far da sangue che dà loro vita,

sempre noi parole, condensate, dure come pioli di una scala

affinchè non ceda e non sprofondi.

Ancora noi, parole, dolci come il vento a primavera

o impetuose come un temporale in un meriggio estivo.

Sareste nulla senza noi parole.

No, non ci areneremo. Non tutte.

Siamo infinite. Mille altre si alzerebbero a volare.

In mano ad alchimisti del pensiero

continueremo a trasmutarci da

da vile metallo in oro.


 

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