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DONATO LINZALATA SAGGISTICA Una recensione di Carlo Franza |
Linzalata è un artista mediterraneo, del sud, precisamente
della Basilicata, di questa terra della Magna Grecia, luogo antico e
primordiale, dove il retaggio culturale sente ancora gli snodi di Corrado Levi,
pittore, e di Rocco Scotellaro, poeta e scrittore.
A questa terra il nostro scultore è rimasto legato, qui
vive, anche se la sua arte ormai ha fatto il giro d’Italia. Scultore e artista
profondamente nuovo, in quanto pur operando in provincia ha innescato nel suo
lavoro scolpito in pietra o legno una dinamica che oscilla verso l’alto, e
lontano da ogni forma figurativa, se non in quella allusività simbolica che da
sempre lo caratterizza. Grandi stele, di guerrieri, grandi madri, divinità, che
risentono di una cultura ancestrale, di una cultura che rompe con tutti gli
schemi più recenti di ricerca tout-court. Sicché questa scultura pur nuova,
nelle forme che semplificano l’immagine, quasi ossificandola, si porta come
grandezza naturale, diventare menhir dell’oggi, del presente, e contiene una
storia antica in cui l’arte del mondo ha inseguito le grandi utopie
dell’uomo, i desideri e i bisogni, le ansie e le paure, gli archetipi che
sovrintendono a ogni cosa.
Ebbene, Donato Linzalata, scultore non figurativo, se per
figurazione intendiamo un qualcosa legato alla realtà, mentre in questi
immagini schematizzate, più spesso in coppia o in gruppi, vive un’anima
calata dentro che sa di preistoria, di mondi lontani dalla civiltà
contemporanea, ormai industrializzata e post-industrializzata. Gli stessi studi
preparatori, come quelli qui pubblicati, si organizzano in forme statuarie ove
il segno delimita queste forme, ne oggettiva la storia, ne percepisce il
sentimento del tempo che stringe e attanaglia la storia e ne coglie i semi di
fondo che lasciano traccia nell’arte. Non c’è solo un gusto artigianale in
queste forme che si innalzano verso il cielo, ma rispettano questa conquista
dello spazio in cui la scultura riconosce il suo destino.
Linzalata fa respirare queste immagini in una plasticità
fuor dal comune, grazie a una primordialità che non è mai riduttiva ma offre,
semmai, la maturazione di una coscienza nella sua particolarità e universalità.
Il nostro artista dialoga con le sue immagini, senza perdere il senso della
realtà, che attornia come un paesaggio in tensione ogni sviluppo, ogni
metafora, ogni esplorazione mobile, ogni scrittura spaziale.
Egli insomma fa spazio a questi oggetti che paiono come dei nuovi e modernissimi “penati” del nostro tempo, quasi rivisitando una sorta di avanguardia costruttivista che mette in rapporto materia-luce-ambiente. C’è soprattutto nell’impianto plastico di questa scultura di Donato Linzalata una umanità in transito, per cui linguaggio, volume e fantasia respirano i luoghi ancestrali dell’uomo, e nell’intersecazione di questi piani, nel profilo di queste ramificazioni, l’occhio di ogni spettatore legge un simbolo, una verità, un’architettura.
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