Ettore Lorito - GENZANO DI BASILICATA - CRONOGRAFIA

            

Parte III - Cap. VII - Come S. Antonio Abate divenne protettore di Genzano


Verso la metà del VI secolo i Greci Bizantini posero l'assedio a Génzano che a differenza dei paesi limitrofi, non solo non volle sottomettersi, ma si difese strenuamente e, per lungo tempo, tenne inchiodato nel suo territorio un numero rilevante di nemici.

Cinto di solide mura, munito di ben due castelli, il nostro paese poté infrenare le orde che, a guisa di acque torrenziali, dilagavano per le Regioni dell'Italia Meridionale.

I nemici, umiliati dall'inaspettata resistenza, ottenuti rinforzi, decisero di radere al suolo l'abitato e all'uopo, piazzarono le loro macchine d'assalto (1) sulla Collina di " Montefreddo" che dominava completamente il paese distante appena un tiro di balestra.

L'attacco venne fissato per il giorno 17 gennaio dell'anno 554 (?).

Nella notte tra il 16 ed il 17 gennaio cadde una insolita nevicata che, in poche ore, coprì di un pesante strato di neve gli accampamenti e rese inservibili le macchine belliche.

Il mal tempo imperversò per circa un mese ed il nemico, stanco della lunga attesa, tolse l'assedio e marciò verso Oppido (?).

Génzano vide nella provvidenziale nevicata un miracolo di S. Antonio Abate la cui festività ricorreva e ricorre nel giorno destinato alla distruzione del nostro paese e, in segno di eterna gratitudine, elesse a suo speciale protettore il celebre Anacoreta della Tebaide.

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(1) La leggenda parla di cannoni ma evidentemente il popolo è caduto in errore giacché, al tempo dei vari assalti Greci, le armi da fuoco non erano ancora comparse.

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Parte III - Cap. VIII - Perchè il Santuario di Maria SS. delle Grazie venne eretto sulla collina di Montefreddo


A parte la considerazione che Clero e popolo avevano sempre pensato di onorare, con un monumento, il luogo ove sarebbe avvenuto il miracolo per cui Genzano non fu più raso al suolo, la erezione della cappella sulla collina denominata "Montefreddo" venne decisa in conseguenza di un secondo miracolo.

Narra la leggenda che, «pochi anni dopo l'invenzione dell'Effige, il 2 luglio, mentre si trasportava in solenne processione la Madonna delle Grazie il corteo, giunto sulla Collina di "Montefreddo", non potette proseguire perché l'Effige, improvvisamente, si era impesantita al punto da non poter essere mossa in alcuna maniera.

Il popolo gridò al miracolo ed in ginocchio si diede a pregare e a piangere.

Le Autorità pensarono di collocare vicino al quadro della Vergine le tre chiavi delle porte del paese per indicare che eleggevano Maria S.S. padrona assoluta dell'Università ... ma non se ne ricavò nulla.

Ad un tratto venne giù una pioggia torrenziale mista a grandine che però non bagnò il luogo ove si trovava la Vergine e un buon tratto di strada intorno.

Allora i devoti capirono che in quel punto la Madonna voleva che si fabbricasse il suo tempio nelle proporzioni indicate dal terreno rimasto asciutto.

Solo quando le autorità diedero ordini ai tecnici di fissare i limiti della costruzione da iniziarsi il giorno dopo, fu possibile ad otto fanciulle della Terra, scelte tra le più pie, di rimuovere il Quadro e di riportarlo nella provvisoria sede di Capo d'Acqua.

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Parte III - Cap. IX - La Chiesa ed il Convento di S. Francesco


Fuori dell'abitato un tempo, ora al cento del paese nuovo, per il fervore mistico che invase tutto il mondo Cattolico (l'Italia in ispecie) dopo la morte di S. Francesco d'Assisi anche Genzano, tra il 1320 e il 1340 (?) volle avere il suo eremo.

Nacque così una modesta Chiesa ed un povero convento per i frati minori dell'ordine francescano.

Nel 1630 furono arricchiti, ingranditi e dotati dalla nobilissima famiglia De Marinis, e propriamente dai germani Don Battista e Don Stefano che avevano comperato il feudo di Genzano.

Il Convento divenne il centro di cultura del paese senza perdere là caratteristica semplicità propria dell'ordine francescano.

La Comunità, normalmente, era costituita di nove padri e di sei laici oltre i giovani aspiranti e i numerosi studenti.

Per diversi secoli tutti i professionisti di Genzano e dei paesi limitrofi compirono i loro studi nel nostro Convento.

La Chiesa annessa non presentava nulla di notevole dal punto di vista dell'arte; aveva un orologio a torre, come si rileva da una deliberazione del Consiglio comunale in data 10-1-1867; venne fornita di campane molto tardi, nel 1871 e nel 1876.

Aveva però alla sinistra dell'altare maggiore un superbo mausoleo di marmo con statue di stucco, sotto il quale furono seppelliti il benefattore marchese don Stefano De Marinis, sua figlia Costanza e una piccolissima figlia di costei nominata anche Costanza.

Ecco il bellissimo epitaffio:

D. M. C.

STEFANUS DE MARINI GENUAE PATRITIUS

 GENTIANI CLEMENTIS ET IUSTIZIA INSIGNIS DOMINUS

COELUM POTENS

ET POPULO AMATO SUI DESIDERIUM LENIRET

HIC OSSA RELIQUIT

COSTATIAE FILIAE ET COSTANTIAE EX FILIA NEPOTIS

CINERES UNA REPOSUIT

NE SOAVISSIMA PIGNORA MORS IPSA DIRIMERET

OBIIT ANNO DNI MDCXLI DIE XXVI APRILIS

AETATIS VORO SUAE LIII

Il Convento ebbe vita prospera e lunga come meritava e non fu estraneo al movimento liberale che portò alla cacciata dei tiranni e all'unificazione d'Italia.

La Comunità di S. Francesco, per la sua attività patriottica, fu spesso oggetto di inchieste da parte del Regio Governo che però non riuscì a fiaccare lo spirito ardimentoso di quei padri.

In data 19-5-1827 l'Intendente di Potenza chiedeva, ancora una volta al Decurionato di Genzano, dettagliate notizie sulla condotta dei seguenti monaci:

1) Padre Girolamo da Pietrapertosa, guardiano; 2) Padre Raffaele da Trivigno, Vicario; 3) Padre Buonaventura da Forenza: 4) Padre Leudovico da Salandra, che erano stati segnalati quali «fautori di sette pericolose allo Stato e alla Chiesa».

La risposta, naturalmente, fu completamente favorevole ai monaci.

Tra gl' insorti lucani del 1860 si distinse il francescano Bellocchi padre Carlo che volle seguire il Mennuni sino al Volturno.

La comunità fu soppressa nel 1860 ma i Padri vi rimasero ancora per oltre un decennio.

La chiesa annessa, dopo la chiusura del Convento rimasta in abbandono, fu più volte chiusa perché dichiarata pericolante, ma, in parte riattata venne riaperta definitivamente al Culto nel 1896 come diremo in seguito.

Nel 1900, a cura del Sacerdote Don Canio Palumbo, si cercò di innalzarla al primiero splendore facendola sede del fiorente Terzo Ordine di S. Francesco dal Palumbo fondato.

Ma tale istituzione ebbe vita breve perché avversata da tutte le Confraternite esistenti e dallo stesso Clero.

Posteriormente fu anche sede, e per breve tempo, della Congrega dei «Luigini» fondata dal Sacerdote Don Leonardo Petraccone.

La chiesa continuò a vivere miseramente finché venne abbattuta col Convento nel 1930.

Dai locali del Convento e della chiesa sono stati ricavati il moderno Asilo Infantile «Regina Elena» e l'annessa Cappella.

Il Mausoleo De Marinis giace a pezzi in un sottano della casa del Signor Olita Vincenzo, amministratore degli eredi della casa Marchesale, in attesa che le autorità provvedano a collocarlo in luogo degno del monumento.

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Parte III - Cap. X - La Cappella di S. Antonio di Padova


Modesta nella sua struttura è la Cappella di S. Antonio di Padova, messa tra il paese vecchio ed il nuovo.

Nessun ornamento, nessuna opera d'arte per cui s'intona alle finalità della sua origine: luogo per funzioni funebri.

È illuminata da una finestra circolare messa nel centro della facciata e da altre due finestrine aperte dietro l'altare maggiore.

Anche questa cappella venne munita di due piccole campane «dalle squillanti voci di bimbi in festa», ma molto tardi giacché la prima fu collocata nel 1834, la seconda mezzo secolo dopo, nel 1884.

Non risulta che abbia avuto dotazioni.

Ospita la più antica delle Confraternite laiche, quella della Misericordia, dalle insegne nere ornate d'argento, che posteriormente si è chiamata: del Purgatorio e poi dell'Addolorata.

Venne fondata tra il 1021 e il 1050; fu più volte sciolta e poi riorganizzata alla fine del 1500.

Però solo il 22 febbraio 1777 la Congrega si munì del R. assenso e fece approvare dal Re Ferdinando Il le regole con le quali da molto tempo si governava.

La sistemazione definitiva avvenne, nel 1874, come si legge in una lettera del Prefetto di Potenza del 5 febbraio del 1889 n. 1627.

La Cappella fu sede della prima Confraternita femminile «le Figlie di Maria» di cui parleremo in seguito.

Attualmente, in conseguenza del terremoto del 1930, è puntellata giacché la facciata minaccia di crollare.

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Parte III - Cap. XI - La Cappella del Carmine


Sulla via principale del vecchio paese si trova la chiesetta intitolata alla Beata Vergine del Carmine con i locali dell'ex Convento dei Carmelitani Scalzi soppresso dal Re Gioacchino Murat il 1809.

Del convento non si riscontra nessuna traccia perché da molto tempo venne trasformato in casa di abitazione dai Signori Cardacino.

I beni del Convento furono dal Governo ceduti alle monache di S. Francesco degl'Iscarioni in cambio di un terreno che dette Monache possedevano nelle vicinanze di Napoli e che il Governo usò come campo per le esercitazioni militari.

La Cappella è illuminata da una finestra circolare collocata nel centro della facciata e da un finestrino aperto, di recente, in alto, sull'altare maggiore; è munita di un piccolo e basso campa- nile con due campane collocate la prima nel 1875, la seconda nel 1881.

Presenta di notevole nell'interno, sull'altare maggiore, un gran quadro della Madre del Signore fissato su di una bellissima cornice di marmo intarsiato.

Il quadro è stato bucato in più punti per appendere le corone d'argento in testa alla Vergine ed al Celeste Bambino e per collocare altri ornamenti deturpando l'artistica opera.

Peggiore sorte è toccata al quadro rappresentante la morte di S. Giuseppe; ritoccato, con vivaci colori da mano sacrilega è stato del tutto rovinato.

Suggestivo il gruppo delle statue del Cristo all'Orto.

La Chiesa aveva beni mobili ed immobili ma non sono pervenute a noi che vaghe ed incerte notizie.

Rileviamo dalla Platea dei beni appartenenti alle Cappelle di Maria S. S. delle Grazie, del S. S. Sacramento e della scomparsa Cappella di S. Giovanni, compilata dai pubblici agrimensori Raffaele Parisi e Giuseppe Polino nel 1873, che possedeva 5 tenute nelle Mattine di Genzano e propriamente: due alla Mattina Grande; una a Volpe Chiara; una alla Mattina Piccola (Festola); una all'Isca del S.S. Sacramento.

Da una comparsa a stampa dell'Avvocato Strigari del 15 maggio 1880 apprendiamo che, sempre in agro di Genzano, la Cappella del Carmine possedeva altre sei tenute.

Detti beni passarono alla Congrega di beneficenza di cui parleremo in seguito.

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Parte III - Cap. XII - Le Cappelle scomparse


Tra le Cappelle scomparse merita speciale menzione quella di S. Giovanni Battista, messa dirimpetto alla chiesa della S. S. Annunziata; aveva un ricco patrimonio con la rendita del quale si maritavano le orfanelle di Genzano e si assistevano gli ammalati bisognosi (1).

Come si rileva dalla platea del 1873, la Cappella possedeva, tra gli altri beni, le seguenti tenute:(2)

1) Alla Contrada «Mattina Grande Negrume, una pezza di Tomoli 37 stop. 1 mis. 1
2) Alla stessa Contrada altra pezza di  37 7 2
3) A Ripa di Brandano pezza di S. Giov.  92 2 1
4) Alla stessa Contrada altra pezza di 24 7 2
5) Alla Mattina Picc. Crociata, 1 pezza di  8 3 0
6) Alla Mattina Picc. Mentola 1 pezza di 9 4 1/2
7) Alla Pila Grande 1 pezza di  30 4 1
8) Alla Pila Grande 1 pezza di  6 0 4
9) Sotto la Pila Grande 1 pezza di  17 5 2

Del pari sono scomparse da molto tempo, e non si hanno notizie di sorta le Cappelle di S. Vitale, con l'annesso Convento, quella di S. Ivone (?); quella di S. Leonardo messe nel paese vecchio, e la minuscola Cappella di S. Rocco, collocata all'estremità del Corso Vitt. Emanuele.

Non è molto, la famiglia Mennuni iniziò la ricostruzione di quest'ultima Chiesetta ma, per un cumulo di circostanze che non è il caso di elencare, è rimasta incompleta.

La rustica cappellina in contrada Capo d'Acqua, ove si depose provvisoriamente l'Immagine di Maria S. S. Delle Grazie colà rinvenuta, fu abbandonata dopo il trasferimento della Madonna alla Sede definitiva, e scomparve in breve tempo.

Altre Cappelle scomparse dopo il 1614 sono: S. Giuliano, San Nicola, S. Paolo, nell'abitato, e in campagna: S. Maria della Visciola; S. Giorgio, S. Antonio di Vienna, S. Maria di Costantinopoli, S. Lucia, S. Sebastiano, S. Giovanni Evangelista, S. Biase, S. Marco, S. Matteo (3), S. Giustiello.

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(1) Regio Tavolario Grasso 1614.

(2) L'originale della platea trovasi in casa dello scrivente.

(3) R. Tavolario Grasso.


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