Ettore Lorito - GENZANO DI BASILICATA - CRONOGRAFIA

          

Appendice I - Il testamento di Aquilina Sancia


TESTAMENTO

del 24 aprile dell'anno 1327

di

AQUILINA SANCIA

Principessa di Monteserico

Vedova del Duca Guglielmo del Bosco

e

ISTRUMENTO

del 4 settembre dell'anno 1501 in virtù di cui le Monache Chiariste di Genzano rientrarono nel possesso della difesa Paternigiosa loro lasciata da Aquilina Sancia.

Interpetrazione e volgarizzazione di Vinceslao Saluzzi del 24-9-1874.

In nome del Signor nostro Gesù Cristo. Così sia.

L'anno della sua natività millecinquecento ed uno;

Regnando il Cristianissimo Luigi Re dei Franchi ed i cattolici Ferdinando ed Elisabetta, Re e Regina di Sicilia al di qua del Faro; felicemente anno nono della loro dominazione nel suddetto Regno di Sicilia. Cosi sia.

Il dì quattro settembre dell'anno anzidetto della quinta Indizione, presso la Terra di Genzano.

Noi Palladino Reale della stessa Terra di Genzano.

Giudice dell'anno della stessa Terra di Genzano, Angelo Bruno della Terra di Spinazzola, per regia autorità pubblico Notaio per ciascun luogo di tutto il mentovato Regno di Sicilia, e i testimoni infrascritti, letterati ed illetterati, con ispecialità invitati e segnatamente richiesti all'atto del presente, cioè il venerabile Sacerdote D. Battista del Porco di Genzano, il Diacono Buonvicario di Genzano, il Suddiacono Girolamo Vitticano di Genzano, il Suddiacono Orazio Antonio Montano di Genzano, Giorgio Angelo Pizzuti di Genzano, e Giovanni Grasso di Spinazzola,  col presente pubblico istrumento scritto, confessiamo dichiariamo facciamo noto ed attestiamo, che nello stesso giorno succitato, a richiesta ed istanza della religiosa Donna Creusa Pelaganca di Trani, Badessa del Monastero delle Monache di Santa Maria Annunziata della Terra di Genzano, dell'ordine di Santa Chiara, e del Venerabile uomo Frate Tommaso da Matera, nonché dell'egregio personaggio, Pasquale Valente, detto il Pantano di Genzano, procuratori ed economi, come hanno asserito, dell' anzidetto venerabile Monastero dell'Annunziata, ci siamo personalmente conferiti in una certa difesa, detta la difesa della Paternigiosa, sparsa di querce, di cerri e di altri alberi di diverse specie, come ci è sembrato a prima vista, sita e posta nelle pertinenze del diruto Castello di Monteserico, presso la fontana di Giacomo Angelo, lungo la corrente del fonte medesimo, rasente la strada per cui si viene da Acerenza e si va a Monteserico, e lughesso altri confini. se ve ne esitono antichi e moderni.

E trovandoci in tale località, i mentovati procuratori del detto venerabile Monastero, cioè Fra Tommaso e Pasquale Valente, detto il Pantano, davanti a Noi fermati nel mezzo della Difesa medesima, ci han presentato e fatto pubblicamente leggere un antico Istrumento, corroborato da testimoni e munito di tutte le debite solennità, non raso, non cancellato, non distrutto né supplito in alcuna sua parte, come si scorgeva a primo sguardo, ma solo un po' oscuro per ragione di antichità e vetustà.

Esso era del tenore e contenuto che segue

TESTAMENTO

In nome del signor nostro Gesù Cristo. Così sia.

«L'anno della sua Incarnazione milletrecentoventisette.

Regnando il Signor nostro Don Roberto, per grazia di Dio, illustrissimo Re di Gerusalemme e di Sicilia, Duca di Puglia, Principe di Capua e conte di Piemonte; anno decimottavo della sua dominazione; il dì 14 aprile della stessa decima indizione presso Genzano.

Noi Andrea Lapsi, Giudice della detta Terra di Genzano, Matteo di Mastro Bartolo, Pubblico Notaio di Basilicata, e i testimoni infrascritti, con ispecialità invitati e richiesti, mercé il presente scritto pubblico facciamo noto ed attestiamo, che nel di sovradetto, la nobile Signora, Donna Aquilina di Monteserico, vedova del defunto Guglielmo del Bosco, ci fece pel suo particolare messaggero chiamare nell'ospizio di sua casa, cioè nel nominato Castello di Genzano, ed ivi simultaneamente alla nostra presenza, meditando la stessa signora, sulla brevità dei giorni e delle ore della vita presente, nonché sulla incertezza de casi e degli avvenimenti umani, ci ha esposto, tornarle utile stipulare il presente testamento e provvedere alla salute dell'anima propria, perché, incalzandola un dì più che l'altro le insidie della morte, la quale può giungere ogni giorno ed a ogni ora, non rimanessero le sue cose senza alcuna disposizione; e si è a ciò determinata ora precisamente, che rattrovasi fornita di retti sensi ed ha felicità di memoria e di ragione.

Laonde la ripetuta Signora al cospetto del Giudice, del Notaio e de testimoni sovradetti, vivendo col diritto de Franchi, non indotta da forza, da dolo, e da suggestioni, ma spinta all'atto presente da movimento del proprio animo ben sano, ha istituita a sua erede la damigella Giacomina Margherita, sua figlia, e consorte del Magnifico giovane Roberto Sanseverino, di tutti i suoi beni mobili ed immobili, dovunque si rattrovino, salvo quelli che fan parte de legati infrascritti.

Ha voluto ed ordinato, che quante volte la stessa Giacomina morisse, senza lasciar figli, il retaggio, che sia tuttavia rimasto, vada a beneficio di Catarinella di Altoveto, sua nipote; che nella stessa eredità nel caso sopra previsto, alla stessa Giacomina succeda e abbia dritto di succedere la menzionata Catarinella.

Primieramente ha voluto ed ordinato, che il suo corpo vada seppellito nella Chiesa di Santa Chiara di Barletta, in quel sepolcro, in cui giace la spoglia di Antonietta Margherita, sua figlia; alla quale Chiesa di Santa Chiara ha legato once dodici pe' benefici da praticarsi.

Similmente ha legato once quattro per l'acquisto di un panno dorato da deporsi sul suo feretro e da portarsi sino al sito succennato, in cui dovrà venir sepolto il suo cadavere, per essere poi dato come copertoio all'altare, che trovasi nella stessa cappella, la quale fu fatta costruire dalla signora medesima nella detta Chiesa di Santa Chiara presso il nominato sepolcro; Dippiù un'oncia e quindici tarì per la compera di un mantello e di una tonaca da monaca ad oggetto di vestire il suo corpo dell'abito delle monache di Santa Chiara; Once otto per l'addobbo della citata Cappella; Once sedici per la cera da ardersi nel tempo delle sue esequie; Once quattro ai Chierici ed ai Religiosi che nel giorno della sua morte interverranno ai funerali di lei; Once due pe' diversi poveri nella detta Terra di Barletta; Once quattro per messe da cantarsi in suffragio della sua anima; Un'oncia a Chierici surriferiti per gli uffici da celebrarsi a beneficio dell'anima sua;  Un'oncia a Chierici di Monteserico; Una oncia ai Chierici di Genzano pel terzo, settimo e trigesimo, e dodici salme di frumento da far pane negli stessi giorni; Un'oncia a Chierici di Spinazzola per simil causa e dodici salme di frumento; Once cinquanta per gl'incerti, che malamente si trovassero invotati; Dodici salme di frumento ai poveri di Monteserico; All'Abate Palmieri di Monteserico quattro once ed un pulledro di tre anni di pelo baio, che trovasi nella sua scuderia; Un'oncia a Don Giovanni di Brindisi e tarì quindici ad Orsantello; Tarì quindici a Diaconi; Un'oncia e tarì quindici a Chiara Rosa... ; Tre once ed un letto a Checchina Greco per maritaggio; Tarì sette e grana dieci ad Amazio; Due once a Federico di Nicastro, suo domestico; Tarì quindici a Cristoforo, proprio famigliare; A Guglielmo, figlio del fu Pietro di Rimola, la casa che esiste nella detta Terra di Genzano, che la stessa Signora acquistò da un tale Pellegrino di Genzano, nonché un'oncia in danaro; Tarì sei a Bruna, dieci a Romana; Tarì sette e grana dieci ad Orlando Gallico; Per forniture de' locali dell'Ospedale della Terra di Genzano, quattro materassi e quattro pagliaricci, quattro coperte e quattro paia di lenzuole; Once quattro per maritaggio di due orfanelle, una di Genzano e una di Monteserico; Un'oncia a Romano di Mastro Tommaso di Genzano; Tarì quindici a Rosaria Gallico; Tarì quindici a Ruggiero il Guardiano; Un'oncia a Nicola del Sasso; Once quattro a Galluccio di Mario di Spinazzola; Once due a Flurusia di Monteserico.

Un'oncia ad Orlando, figlio di Bruno; Tarì quindici a Giovanni di Canosa; Ad Antonio di Genzano un mantello foderato di velluto, il quale fu della signora Duchessa; Tarì quindici a Chiara Greco; Tarì quindici a Leopoldo Cuillo; Tarì tre a ciascuno dell'ospizio; Once due ed un abito al Notaio Angelo di Ruvo, ed altrettanto ai propri scudieri; Tarì sei a Marino Grancono; Tarì tre a ciascuno dei suoi foresi;... pel suo maritaggio once quattro ed una gonna dalle maniche pendenti, che fu della Signora Duchessa; Tarì sei a Felice ed a Marsilio, che servono nella Chiesa di Santa Maria Annunziata; Tarì sei al notar Matteo; Tarì tre al Giudice Andrea; Tarì quindici à Frati Minori di Andria; Tarì quindici à Frati Minori Di Trani; Tarì quindici a' Frati Minori di Corato; Once venti pel passaggio in terra Santa a beneficio dell'anima di suo marito e della Signora sua Madre; Un'oncia a Santa Maria di Casoli per suffragi; Alla Signora Duchessa di Calabria un coltello con manico di ambra e con fodero di oro tempestato di perle; Once ..... perché i suoi eredi celibrino ogni anno un'anniversario nella detta Chiesa di Santa Chiara; A Marta di Alessandro un abito, che fu della Duchessa, cioè una tunica ed una gonnella; a Rinaldo di Sirignano un pulledro; a Don Giovanni di Sirignano una tunica ed una gonna, e proriamente quelle, che ebbe dalla Principessa di Acaia, foderate di baino; A Checchina figlia di costui, la mantelletta di broccato faciente parte de' panni anzidetti; Alla signora Diadema la tunica e la gonna, che ricevette dal Signor Duca; All'Abate Giacomo di Sirignano, suo Nipote, cento e quattro pecore a titolo di anteparte; Allo stesso Abate Giacomo il campo e la masseria propria di Monteserico, che possiede in unione di Ales-

Per forniture de' locali dell'Ospedale della Terra di Genzano, quattro materassi e quattro pagliaricci, quattro coperte e quattro paia di lenzuole; Once quattro per maritaggio di due orfanelle, una di Genzano e una di Monteserico; Un'oncia a Romano di Mastro Tommaso di Genzano; Tarì quindici a Rosaria Gallico; Tarì quindici a Ruggiero il Guardiano; Un'oncia a Nicola del Sasso; Once quattro a Galluccio di Mario di Spinazzola; Once due a Flurusia di Monteserico.

Un'oncia ad Orlando, figlio di Bruno; Tarì quindici a Giovanni di Canosa; Ad Antonio di Genzano un mantello foderato di velluto, il quale fu della signora Duchessa; Tarì quindici a Chiara Greco; Tarì quindici a Leopoldo Cuillo; Tarì tre a ciascuno dell'ospizio; Once due ed un abito al Notaio Angelo di Ruvo, ed altrettanto ai propri scudieri; Tarì sei a Marino Grancono; Tarì tre a ciascuno dei suoi foresi;... pel suo maritaggio once quattro ed una gonna dalle maniche pendenti, che fu della Signora Duchessa; Tarì sei a Felice ed a Marsilio, che servono nella Chiesa di Santa Maria Annunziata; Tarì sei al notar Matteo; Tarì tre al Giudice Andrea; Tarì quindici à Frati Minori di Andria; Tarì quindici à Frati Minori Di Trani; Tarì quindici a' Frati Minori di Corato; Once venti pel passaggio in terra Santa a beneficio dell'anima di suo marito e della Signora sua Madre; Un'oncia a Santa Maria di Casoli per suffragi; Alla Signora Duchessa di Calabria un coltello con manico di ambra e con fodero di oro tempestato di perle; Once ..... perché i suoi eredi celibrino ogni anno un'anniversario nella detta Chiesa di Santa Chiara; A Marta di Alessandro un abito, che fu della Duchessa, cioè una tunica ed una gonnella; a Rinaldo di Sirignano un pulledro; a Don Giovanni di Sirignano una tunica ed una gonna, e proriamente quelle, che ebbe dalla Principessa di Acaia, foderate di baino; A Checchina figlia di costui, la mantelletta di broccato faciente parte de' panni anzidetti; Alla signora Diadema la tunica e la gonna, che ricevette dal Signor Duca; All'Abate Giacomo di Sirignano, suo Nipote, cento e quattro pecore a titolo di anteparte; Allo stesso Abate Giacomo il campo e la masseria propria di Monteserico, che possiede in unione di Alessandrello, una co' buoi e tutti gli attrezzi della stessa masseria, riserbando solo la proprietà delle terre medesime alla Signora Giacomina, sua figlia; A Romana, madre di don Nicola, il mantello foderato di baino che fu della Signora Duchessa; Alla madre di Costei, una gonna di panno bruno foderata d'indaco verde.

Similmente ha voluto ed ordinato che si confezionino delle scarpe per tutti gli scudieri e gli altri inservienti della Curia, com'è stato solito, nonché pe' domestici; di più ha legato a favore di Catarinella di Alloveto, sua nipote; dodici giumente, due stalloni e tutte le pecore, che sono sottoposte alla procura di Santo di Corato; ed al fratello di lei poi mille pecore, che la stessa Signora Aquilina dette a mutuo al signor Principe di Taranto; Alla stessa Catarinella un grande guardaroba e sei grandi tovaglie; Alla Chiesa di Santa Maria Annunziata di Genzano le case, ovvero il Monastero costruito dalla suddetta Testatrice nel ripetuto Castello di Genzano, presso la espressa Chiesa di Santa Maria; la vigna, che fu del signor Francone, sita nel tenimento dello stesso Castello di Genzano: gli alberi di ulivo, che possiede nel territorio di Ruvo: tutti i beni, di cui ha il possesso nella città di Gravina, e precisamente le case del casale, esistente presso la Chiesa di San Nicola, le quali dette in godimento all'Arcidiacono di Gravina: il pezzo di terra nell'agro, di M'onteserico nella contrada, che va sotto il nome di Paternigiosa, in confinazione delle terre del Monastero di Santa Croce dal lato di Oriente, in vicinanza di Giacomo Angelo; pezzo di terra, il quale rasenta la corrente della fontana medesima fino al Vallone (donde si sbocca sulla strada, la quale da Acerenza mena a Monteserico), Sale e confina dal lato di Mezzogiorno con l'Isca, del fu Pietro Scabro e da ultimo ascende e confina dalla parte di Settentrione con le terre del fu Arciprete Chiaro, le quali sono oggi possedute dall'Arcidiacono di Gravina; il pezzo di terreno nel tenimento della Terra medesima presso i terreni del fu Turtano e dell'Arcidiacono di Gravina: tutte le terre che furono di Mastro Berardo del Signor Golfredo, site nell'agro della detta Terra di Monteserico, lunghesso il fiume del Basentello: la vigna sita nello stesso tenimento di Monteserico, in contrada Forleto, qual vigna apparteneva alla deceduta Nobile signora Beatrice: le case le vigne e tutti i terreni, che possiede nel tenimento di Corato: per una Croce d'argento once sei; per acquisto de' paramenti dell'altare quattro: pe' libri necessari al detto Monastero once quattro: tre calici d'argento che possiede la medesima Testatrice: una cassa ripiena di tovaglie, di paramenti e di altri oggetti di ornamento dell'altare: l'intera masseria di cui è in possesso la Chiesa istessa, con tutto il frumento e l'orzo seminati nel citato anno della decima Indizione, nonché gli animali in seguito descritti, cioè venti buoi domati, sessantaquattro vacche dell'uno e dell'altro sesso, centosessantadue porci di entrambi i sessi, trecentosessantasei pecore tra maschi e femmine; la casa e la vigna, che era del fu Arciprete di Genzano, con la grotta e tutti gli utensili ed i tini, che si trovano nella casa e nella grotta anzidette.

Di vantaggio ha legato a favore dello stesso Monastero la casa co' due forni che possiede nella terra di Spinazzola: ed ha voluto ed ordinato, che ove l'espresso Monastero non avesse facoltà di provvedere liberamente gli anzidetti forni, appunto perché sono beni feudali sia tenuta la detta figlia a dare ogni anno al Monastero medesimo once sedici, ovvero in danaro numerato once ottanta per comprarne poderi a favore del ripetuto Monastero.

Oltre a ciò à voluto e prescritto che ove non si potesse ottenere che nel detto Monastero avessero diritto di dimorare Monache dell'ordine di Santa Chiara, in tal caso tanto la sudetta Chiesa di Santa Maria Annunziata, quanto le case di sopra descritte costruite presso la Chiesa ad uso dello stesso Monastero nonché tutti i beni mobili donati al Monastero ed i forni succennati, ovvero le ottanta once legate dalla Testatrice a beneficio del Monastero, nel caso che i forni non si potessero liberamente tenere, sieno ed abbiano dovere di essere del Monastero della Santa Eucarestia di Napoli.

In simil guisa ha legato a Nicola Basilio tarì quindici; a Leone Mallone per maritaggio di sua figlia un'oncia; a Don Guglielmo, di Gravina, fratello di costei, tarì sette, grana dieci; a Don Nicola di Monteserico due once e sei vacche; allo stesso don Nicola la vigna che apparteneva a Leonardo di Monteserico; al medesimo don Nicola la casa che era dello stesso Guglielmo.

Ed ha voluto ed ordinato, che il suddetto Don Nicola serva nella Chiesa di Sant'Antandrea di Monteserico.

Dippiù ha legato a pro di Sor Paolina di Bitonto tarì quindici.

Parimenti ha voluto e comandato che vengan date alla sovradetta Regina due once oltre le mensionate once quattro, che di sopra nel presente testamento ha legato a favore della stessa Regina.

Ha di poi aggiunto e legato a vantaggio del detto Notar Matteo di Genzano tarì nove; al Procuratore di Trani tarì sette e grane dieci; A Fra Bartolomeo confessore della Signora Duchessa di Calabria once due; Alla medesima maniera ha aggiunto e legato alla summenzionata damigella Regina il vestiario de' suoi scudieri; A Mastro Barbarotto la gonnella di Brunella foderata d'indaco verde, che era della Signora Principessa.

Ha voluto e disposto inoltre che alla cennata Signora Diadema si diano gli abiti legati di sopra della stessa Testatrice; ed oltre a ciò le due tuniche di broccato, che alla Testatrice medesima vennero date in dono dal Sig. Duca e dalla Sig.ra duchessa di Calabria; A Maria d'Amantiello poi, in luogo della tunica e della gonna a lei antecedentemente legate dalla stessa Testatrice, sien date due tuniche e due gonnelle da mantello, e quelle propriamente che la Signora Testatrice ebbe dalla Signora Duchessa di Calabria, ad Alessandrello di Monteserico once due.

E' volontà della stessa signora, Eccellentissima Sancia, che, ove venisse a luce alcun altro testamento comandato dalla stessa signora in epoche precedenti, si abbia per nullo ed in niun effetto; e che nella ipotesi, che al presente suo ultimo testamento tocchi la sventura di non aver valore per diritto di testamento, lo abbia per diritto di codicilli ovvero come sua ultima volontà; oppure per qualunque diritto e per qualunque fatto può valere, valga ad ogni costo.

Similmente ha costituiti, ordinati e creati ad amministratori ovvero a distributori ed esecutori del riportato testamento la Sig.ra Serenissima, la Sig. Sancia, per grazia di Dio Regina di Gerusalemme e di Sicilia; l'Eccellentissima Signora figlia di costei, l'inclita Duchessa di Calabria; il Reverendo Personaggio Fra Giovanni, confessore della prefata Duchessa; il Nobile Uomo, Abbate Giacomo di Sirignano R. Canonico e Ducale Consigliere, suo familiare e nipote, assente come se fosse presente; la nominata Signora Damigella Giacomina sua figlia ed erede, nonché consorte del Magnifico uomo Roberto di San Severino; l'Abate Palmieri di Monteserico, l'Arcidiacono di Gravina e don Nicola di Monteserico, suo Cappellano e Familiare.

A' quali amministratori ed esecutori ha dato e concedette libera e piena podestà di provvedere a vendere di autorità propria tutto il frumento, le giumente, le vacche, le pecore, i porci, l'argento e tutti i beni mobili ed immobili fino alle somme, a cui ammonta il sovrascritto testamento.

Ed ha voluto ed ordinato che tutti e singoli i legati antecedentemente espressi siano interamenti adempiuti tra due mesi.

Ha voluto e comandato inoltre, che ove i sunnominati amministratori ed esecutori non siano in grado di unirsi simultaneamente per l'esecuzione del testamento medesimo, abbian potere e facoltà due di essi ad esercitare, disporre e di sbrigare tutte e singole le disposizioni dinanzi espresse, come se tutti si trovassero personalmente presenti.

Ha voluto e comandato di più che le suddette cinquanta once legate per ragione degli incerti, che fraudolentemente venissero involati, siano distribuite e liberate secondo le disposizioni, gli ordini ed il volere dell'anzidetto esecutore o di due di loro, nel caso che tutti non potessero trovarsi insieme.

In simil modo ha legato tarì Quindici a' Frati Minori di Venosa.

Ondechè a futura memoria di tutti e di qualsiasi a cui importi e possa importare, si sono redatti per futura cautela due pubblici istrumenti in tutto identici per mano di me suddetto Matteo, pubblico Notaio di Basilicata, segnati del mio solito segno, corraborati dalle sottoscrizioni e sottosegnature del Giudice e de' Testimoni su nominati; quali strumenti io surriferito Matteo pubblico Notaio di Basilicata, ho scritto di propria, mano, segnati del mio solito segno, e perciò richiesto sono ad essi intervenuto.

Segno di Croce di propria mano di Andrea Lapso della Terra di Genzano, Giudice che non sa scrivere.

Don Giovanni di Guglielmo Gallico

Don Giovanni di Mastro Andrea

Don Nicola di Sirignano

Don Guglielmo De Martino

Notar Angelo di Ruvo

Nicola D' Orlando di Potenza, Medico

Rinaldo di Sirignano

L'ATTO DI POSSESSO DELLA TENUTA PATERNIGIOSA

Or essendo stato siffatto istrumento letto e recitato, i medesimi Procuratori dopo le riportate dichiarazioni hanno aggiunto, che mentre l'accennata Badessa ovvero i predecessori, di lei nel detto Monastero occupavano e possedevano in virtù del trascritto istrumento, la difesa annominata co' diritti, le ragioni, gli utili e i frutti e tutte le altre facoltà, che alla stessa difesa aspettano ed appartengono in qualsivoglia guisa, vennero, dal Re, Signor Ferdinando I°, rimossi dal possesso e dai frutti della stessa difesa, nonché rimosso e spogliato il Monastero medesimo; e che lo stesso re, Signore del tempo in cui viveva, servivasi e faceva servire altri de' frutti della detta difesa una a' cavalli, agli armenti ed alle giumente in gravissimo pregiudizio ed insopportabile interesse del medesimo Monastero.

Essendosi però ultimamente così il Monastero come la stessa Signora Badessa sottratti da sì fatta soggezione e volendo ritornare al loro primitivo possesso della ripetuta difesa, realmente in virtù e per autorità del predetto Istrumento devengono al possesso novello.

Laonde essendo stata la difesa rilasciata dal Re su riferito dà suoi successori, i suddetti Procuratori alla nostra presenza per l'utilità, il beneficio e nell'interesse del detto Monastero, della Badessa e delle Monache hanno, per autorità del, citato istrumento e per quanto vien loro permesso dal diritto, preso e ritenuto il corporale possesso della detta difesa co' frutti accennati, gli erbaggi, le fonti, le correnti e tutti gli altri dritti di qualsivoglia natura, i quali spettino ed appartengano alla difesa istessa per qualunque maniera; ed han preso tale possesso col toccare i rami degli alberi e col pigliare un pugno di terra e un fascetto di erbe; ed inoltre han cominciato ad abitarvi ed a compiere altre simiglianti operazioni le quali esprimono ed importano l'atto della presa e ritenuta di possesso.

Ed essendosi tal presa di possesso eseguita davanti a Noi nel modo su indicato, in virtù dell'autorità già espressa i menzionati Procuratori nel nome del Riverito Monastero, delle Monache e dai loro successori, dopo aver fatto richiesta a noi, Giudice, Notaio e Testimoni, ivi presenti, han fatta espressa protesta, che essi non compirono ne intendono di compiere in forza della cennata autorità la presa di possesso della difesa più volte descritta con apportare e recare ingiuria, oltraggio e detrimento a qualsivoglia terza persona ma a solo scopo di ricuperare e ritenere la loro possessione, come l'avevano prima per ragione dell' istrumento di sopra riportato, e di servirsi a luogo ed a tempo de' propri diritti davanti à superiori ed al Giudice competente.

Quali cose tutte essendosi eseguite, fatte compiute alla nostra presenza, nella guisa che si è detto innanzi, gli stessi Procuratori nel nome cui sopra, han richiesto Noi, Giudice, Notaio e Testimoni per parte delle prefate Reale Maestà di Francia e di Spagna, e per parte propria ci hanno pregati, implorando attentamente e supplichevolmente il nostro Ministero al proposito, perché della suddetta presa di possesso, dell' Istrumento presentato, della protesta e di tutto le altre operazioni eseguite compissimo il dovere di formare pubblico istrumento, da correggersi due, tre e quante volte sarà duopo a giudizio di qualche saggio, senza mutare la sostanza del vero; istrumento fornito e roborato di testimonianze com'è debito di ogni solennità prescritta, atto ad essere presentato davanti a qualunque Giudice competente e da valere in ogni tempo avvenire come certezza e cautela dello stesso Monastero, della Signora Badessa e delle altre Monache presenti e future e che saranno per succedere nel Monastero medesimo.

Quindi Noi consentendo e di seguito ottemperando alle preghiere ed alle richieste dei Procuratori e della Venerabile Signora Badessa, appunto perché il nostro ufficio è pubblico e non è da negarsi a chicchessia, specialmente a coloro che chiedono cose giuste, a' quali fa d'uopo consentire sovratutto in ciò che sa ed è argomento di onestà, abbiamo a richiesta de suddetti Procuratori, circa le cose tutte fatte, celebrate ed eseguite nel modo sovra espresso, formato il presente pubblico istrumento con inserirvi la forma del riportato istrumento antico e del Testamento del nominato Monastero.

Ad istanza, dunque e richiesta dei mensionati Procuratori, munito di ogni dovuta solennità, si è a futura memoria del fatto e per certezza e cautela del detto Monastero, della signora Badessa, delle altre Reverende Monache dimoranti nello stesso Monastero e di tutti e singoli coloro, a cui importa e potrà importare, stipulato il presente pubblico istrumento per mano di me suddetto Notaio, segnato dal mio solito segno ed in testimonianza della verità corraborato dalle sottoscrizioni del Giudice e dei Testimoni infrascritti.

Quale Istrumento ho, scritto io stesso Notar Angelo Bruno di Spinazzola, che invitato e richiesto sono stato presente a tutto e singole le cose sopra espresse, e lo ho segnato del mio solito segno.

(Esiste il segno del notaio)

Segno di Croce di propria mano di Paladino Reale di Genzano, Giudice dell'anno della stessa Terra, il quale non sa scrivere.

Segno di croce di propria mano di Giovanni Grasso di Spinazzola, idiota e non sa scrivere.

Testimoni che furono presenti nella presa di possesso della difesa:

Palladino Reale, di Genzano. Giudice dell'anno della Terra medesima

Giorgio Angelo Pizzuti di Genzano

Don Battista del Porco di Genzano

Diacono Nicola Buonvicario di Genzano

Suddiacono Orazio Antonio Montano di Genzano

Suddiacono Girolamo Vitticano di Genzano

Giovanni Grasso di Spinazzola ...

E' stata la presente copia estratta dal suo proprio originale di carta pergamena, esistente nella Cassa di Deposito, o nell'Archivio del Venerabile Monastero delle Reverende Monache, sotto il titolo della S.S. Annunziata, di questa Terra di Genzano in Provincia di Basilicata; e lo stesso originale è stato tolto con le mie mani proprie, previa licenza del Reverendo Vicario Foraneo, dalla Cassa di Deposito e dell'Archivio ed ivi nuovamente deposto; col quale fatta collazione, salva però sempre altra migliore, concorda bene, ecc. ecc.

Ed in fede del vero io Regio Notaio Paolo Vignapiana della detta Terra di Genzano ho firmato la presente e la ho segnata del mio solito segno ecc. ecc.

(Vi è il segno del Notaio, a pie' del quale si leggono le parole: Memento Mori).

Appendice II - Apprezzo del Feudo di Genzano


COMPILATO DAL R. TAVOLARIO DE FUSCO IL 1615

«E volendo riferire le giuste entrade di essa Terra conforme al solito da fertile ed infertile non ho possuto quello agiustare conforme al mio desiderio per quattro anni, ovvero cinque anni adietro, a causa che non ho havute scritture nè libri dell'Erarii d'essi anni; e mi dice il Marchese di essa Terra che non ha fatto libri altramente dell'entrade dell'anno 1600 in qua, atteso se li ha tenuto in munio per subvenire giornalmente li garzoni di sue masserie, e per questo mi have esibito l'affitto d'essi corpi dell'anno 1600 adietro, quali si presentano nel processo, dove n ce ne sono del 1602 e l'altri del 1608, come distinguerò appresso.

Ma perché sono alcuni corpi d'esse entrade che la maggior parte vengono aiutati dal vassallaggio, il quale secondo una tede della R. Camera mi pare che alquanto siano fuochi N. 200, e quando fu la numeratione nell'anno 1595 fu numerata detta Terra per fuochi 366.

A quanto mi replica il Marchese, che detta Terra non è minuita altramente, perché appare dall'istessa fede,  che alcune exationi sono per fuochi 200 et altri per fuochi 366, et perciò non c'è totalmente disgravio, poiché le tre imposizioni ordinarie paga per fuochi 366.

Il che ha possuto essere per accordio, perché se fosse stata totalmente sgravata, pagaria, solamente «pro omnibus impositionibus» per fuochi 200, si perché intorno detta fede appare che sia stata sgravata per fuochi N. 165 quale fede non è stata firmata dal Rationale, ma da uno scrivano, che restarieno appunto detti fuochi 200.

Perciò per la molta instantia fattami dal sudetto Marchese non ho possuto fore lo ripartimento di esse entrade per causa del mancamento di essi fochi, ma ho computati quelli al meglio ho possuto del modo che segue, lasciando la liquidazione al arbitrio di V. S. quando non li paresse bona per non havere havuto affitti de recenti.

Dalla difesa di Lana Digita e Ripa d'Api della sudetta Marchional Corte affittata per cinque anni a Consalvo Canese per ducati 750 per qualsivoglia anni, incominciando dall'anno 1608 e finendo l'anno 1613, come per Istrumento in carta pergamena appare, e pagamento per partita di banco, si bene per parte di creditori si dice, che detto affitto non have havuto lo suo effetto, perché il primo anno fallì il conduttore, e perciò non si può, nè deve tirare detta somma, et è in fraude dell'exequione fatta, lo che rimetto a V. S. e perché vedo il pagamento seguito per causa di esso affitto, perciò si riporta per me in detta somma Ducati 750.

Item l'herbaggio del demanio stirpara dell'inverno si porta per Horatio Grasso per ducati 580 conforme all'affitto N. 11 perché have havuto effetto si porta la medesima somma Ducati 580.

Dell'herba dell'inverno per pascolo di pecore N. 500, che sull'affitto si sono riserbate N. 111 et alberano quale si produce, che a grana 15 la pecora, come asserisce l'Università di Genzano nella fede N. 9, sono Ducati 75.

L'herba della statonica, Mattina e Stirpara con il demanio, e spica, per non havere avuto affitto accetto la fede dell'Università la quale declara come l'Erarii della Marchional Corte di Genzano è solito ogn'anno esigere grana 15 per pecora, e per li tre iazzi ducati 18, et anco come è solito essi Erari percepere qualibet anno del'herba de la statonica, demanio Matina et Sterpara, ducati 250 per l'animali porcini, bovini, e s'offreno deponerlo cum iuramento, e con declarono; perciò non havendo scrittura per essere stato in demanio, come dice il Marchese, si può stare con quello di detta fede declarata N. 9 sotto li 8 di giugno 1614, ducati 250.

La piazza, zecca, pesi e misure appare per obbliganza N. 11 e 12 che nell'anno 1599 e 1600, 1602 e 1605 è stato affittata in ducati 270 e perciò si riporta per ducati 200.

Sebbene detto Marchese pretende che io lo abbia a portare per tutti li ducati 270, conforme all'affitti nell'anni predetti; si rimette il tutto a V. S. Ducati 70.

Dal 20% delle Ralle, difesa dell'Università, per causa dell'affitto per anni sette ad usum culture ut in N. 4 per ducati 809 vengono alla Corte ducati 160.

Sibbene il Marchese pretende che si abbiano apprezzare al mese, ducati 20 conforme una littera, ma si rimette a V. S. Ducati 203.

La fornatica sta hoggi affittata da Pietro Pozo nomine Sacri Consili ducati 300 l'anno, ma appare che nell'anno 1599 e 1600 N. 7 essere stata affittata per ducati 600, da quel tempo in qua dice il Marchese se l'ha tenuta in demanio per subvenire li garzoni delle sue Masserie, et ha preteso, esso Marchese, che si volesse tirare conforme à detti affitti N. 7; tuttavolta a me mi è parso portarla per mo' solo ducati 450.

Sebbene detto Marchese pretende l'altri ducati 150, si rimette a V. S. Ducati 150.

Dall'Università di Genzano, ogni anno, come ho visto nel libro di Giovan Angelo Bucino, paga videlicet ducati 55.

In una mano ducati 60 per le fraude delli forni, ducati 4 per la precesa e ducati 6 per alloghieri della poteca e miglio; son ducati 125.

La Mastrodattia si porta per me in ducati 125.

Pretende il Marchese che si porta ducati 180 conform'all'affitti passati, e più aggregare altri ducati 100 per li proventi civili conforme alla cautela N. 99, il che rimetto a V, S.; Ducati 155.

Dalla paglia, che ogni cittadino che tiene bestia, due salme per una, io non ci n'ho visto molte, e mi dice il Marchese, che li cittadini le tengono nelle pagliare nel territorio di Banzi per timore di commissarii del Fisco; si portano per ducati 12.

Dalla vigna vicino al Castello, dove si fa non solo vino latino, ma anche moscariello, deductis ad presens annum per ducati 20.

Pretende il Marchese che sono ducati 30. Lo rimetto a V. S. Ducati 10.

Da sette case d'albanesi vicino al Castello ad un tarì l'una rendono ducati 1.2.

Dall'orto della Cavallina, carlini 15; Ducati l.2.10.

Dall'herbaggio della vigna vecchia per lo sumbacco si tira, come dice Horatio Grasso, per ducati 10.

La Tabema con il passo in mezzo lo territorio di detta Terra con 12 tomola di territorio incolto attorno d'essa Taberna, sibbene Horatio Grasso lo porta per ducati 102 senza causa, mi ha parso tirarla con detto passo che si trova in possesso dello Marchese, Ducati 50.

Et il Marchese pretende l'altri ducati 52, quali si lasciano a V. S. Ducati 52.

Dallo ius della Macchia e Recchiascene difesa, che tiene hoggi il Marchese loco pignoris dalla Università di Genzano ducati 7000 in circa come dice esso Marchese dico lo ius, che prima ni have con il feudo, di grano diece per Love e bacca domata e l'intercettione al taglio, et anco sempre che l'Università la soleva vendere, ne pagava alla Marchional Corte il 12 per cento conforme a un quinterno, che ho visto dell'anno 1600 appare per ducati 90.

Et il Marchese pretende che sono ducati 150, cioè altri ducati 60. Si rimette a V. S. Ducati 60.

La mezza semente che exige la Marchional Corte tanto nel territorio, come in Vanzi, Paternigiosa e Monte Formisiello, sibbene per certi quinternali a me esibiti per l'Erarii di quattro anni a dietro costava, che dette mezze semente d'ogni sorte di vettovaglie e legume erano da circa ducati 383, mi dice il Marchese che non si li deve dar fede, perché sono certi scarfogli senza autentiche fede sue, come ha soluto fare all'altri quinterni d'essi Erarii passati, e per questo dice esso Marchese che non se li può prestar fede, e con questo mi have esibito uno quinterno dell'Erario Giovanni Danuscio fatto nell'Erario dell'anno 1599 e 1600 autenticato di sua mano, dove detto Danuscio, allora Erario, si fa introito in carra 17 di grana pervenute allora dalla mezze semente come si nota al foglio 5, e tanto dice che se ne percepe hoggi con orgi, fave ed altre legume, e si bene a me pare impossibile, tutta volta per non havere certezza di questo corpo lo porta attastuto per ducati 490.

Ma il sudetto Marchese pretende, che detta quantità sia tirata poco, poiché voleno essere altri ducati 103.2.5., primo loco tirati per Horatio Grasso. Si rilascia a V. S. Ducati 103.2.5.

Di più da nove carra di territorio date seu affittate per coltura da detto Marchese a Gironimo Affatato di Barletta nel demanio di cittadini, si bene per parte dell'Università si pretende non possena farlo il Marchese perché n'è Capitolo, nondimeno se ne trova in possessione, e dice esso Marchese, che li beni sono li territori appatronati, tutta volta quando non sono seminati d'essi cittadini, si può affittare ad altri per non perdere la mezza semente, perché il cittadino non perde cosa nessuna a questo, e perciò le porta Horatio Grasso la mittà per seminare e l'altra per reposare in tomole di grano di 75 e d'orgio 60, quale calcolate il grano a carlini 7 e forgio a carlini 4, tiene questo corpo per ducati 76.2.10. Sibbene il Marchese pretende a carlini 10 il grano e a carlini 5 forgio, che sono altri ducati 28.2.10.

L'altre tre carra d'herbaggio a complimento delle carra 12 conformi al'Istrumento N. 1 si portano per detto Horatio Grasso per ducati 45 a ragione di ducati 15 a carro. Ducati 45.

Li tre iazzi per tenere pecore dice il Marchese che sono feudati, si bene la Terra dice sono burgensatici, ma tirandoli nel feudo per non havere havuto altra luce, eccetto una fede a favore del Marchese, che fè l'Università di Genzano N. 9, in altri ducati 18.

Dalla vicesima delli lini sceppati non ho visto serie ma dicono ducati 10.

Et più si porta il Castellanato nel libro di detto Erario Danuscio nell'anno 1599 e 1600 per ducati 30; l'ho portato per ducati 20, et il detto affittatore che sole affittare detto Castello in certo bascio, e franco da comodamente e franco anche della «testa quattro salme di vino» e per 4 bovi e una bacca aratoria che ne paga lo ius di granorum alla Marchional Corte può anche tenere Centimolo  senza pagare niente alla Terra, talché si porta per ducati 20 più 14, 34.

Le quali somme unite insieme fanno ducati 3572.2. Delle quali dedottoni i ducati 135 per l'adoho e donativo, come dice il sudetto Marchese restano ducati 3437.2.

Le quali entrate per me ut sopra notate e portate parendo a V. S. haverle per vere, si possono apprezzare e portare a ragione di 4 per cento incluso il vassallaggio, iurisditioni di esso, proventi et ogni altra ragione quomo dolibet, spettante e pertinente al detto signor Marchese in virtù di soi Privilegii che a detta ragione, viene il prezzo ducati ottantacinquemilia novecento, dalli quali dedottoni ducati 150 che vale per la riparazione della Taverna, resta il prezzo ducati 85785 incluso la fabbrica del Castello ut sopra descritto, e questo saria senza l'apre pretendentie del Marchese.

Giovanni Battista del Fusco. Tabolario

De più referisco a V. S. come il detto Marchese dovendo havere ducati settemilia dell'Università di Genzano per tanti che dice ha pagati al Principe della Riccia e Ottavio Tuttavilla, creditori di detta Università, dal li quali tiene cessione di raggioni contro detta Università, la quale l'ha dato in soddisfatione a godere la difesa della Macchia Ricchiascene con due altre carta del demanio detti Serra Gauscilo, dico ducati 7000.

Dice di più possedere I'infrascritti corpi e robbe 207.

che vagliano l'infrascritti prezzi: Item una casa, che fu della quondam Giulia Campella, Ducati 200.

Item un'altra casa sotto il Castello dove sta un molino. Ducati 1200.

Item un'altra casa ove si conserva la paglia della Stalla. Ducati 100.

Item un'altra casa che fu di Cesare Cosimo, vicino la casa di V. Delaglio. Ducati 105 .

Itern un'altra casa che fu di Giovanni Annercale. Ducati 53.

Item un iuso di case che fu di Pietro Antonio Salzano. Ducati 91.

Item un cellaro che fu di Albentio Tufanisco. Ducati 210.

Item una grotta che fu d'Antuono Delaglio. Ducati 100.

Item un'altra grotta sotto il Castello. Ducati 30.

Item un solo cellaro con acqua dentro, fu di Giovanni Reale. Ducati 25.

Item 4 altre grotte foce la Terra a Serra Gansciolo per servitio d'animali bovini e porcini. Ducati 200.

Item una vigna nel territorio di Vanzi che fu di Giovanni Stendardo. Ducati 300.

Item una Vigna nel piano, fu d'Albenti Tufanisco. Ducati 100 Item un'altra vigna, fu del quondam lacavo di Giovanne Filippo. Ducati 400.

Item una vigna che possedeva Cola Martuccio, ne paga di censo ducati 8.2.10.  Ducati 120.

ltem un solo pezzo di territorio detto lo Vallone, vicino alle terre di Vincenzo Calzaretta, di tomol 120. Ducati 300.

Item un altro pezzo di territorio al Vallone de Pericolo, di tomole 240. Ducati 600.

Item un altro pezzo di territorio sotto le Recchiascene, fu di Ioanne Coviere Biolla. Ducati 172.

Item un altro pezzo di territorio al luoco detto l'Aira, di tomole 90, che furono d'Antuono Delaglio, ducati 225.

Item 40 pezzi di botte dentro lo Cellaro, sono di cerque e stanno nel Castello, a ducati 7 l'una, Ducati 292.

Item 6 tine e tinacci grandi. Ducati 42.

Item molti barili con lo muto, scodelle ed altri reggimenti del Cellaro. Ducati 12.

Item lo cannito in loco detto Varco della Macchia. Ducati 65.

Lo iazzo bargensatica, vicino a Giovanni De Muro e Cofino da tenere pecore oltre l'altri tre feudali Ducati 265. Rende ducati 17 tari 2 e grana 10. Sotto la Taverna di Lana Digita. Ducati 125.

Item tre tinelle. Ducati 12. Le quali Summe burgensatiche fanno ducati 12526.

E poiché quando sono stato a Genzano il Marchese stava a Napoli, e non trovai persona amorevole per esso Marchese, non vidi detti Burgensatici, acciò l'havesse apprezzati.

Perciò le porto conforme le compre che dice detto Marchese haverne gl'Istrumenti, alli quali mi referò; si bene quando fui in detta Terra mi dissero li cittadini, che il detto Marchese haveva molti stabilí burgensatici in essa Terra, li quali secondo il mioditio sono di grande comodità al feudo, e per questo possano andare annesci e connesci con detto feudo, rimettomi del tutto al savio e prudentissimo giuditio di V. S. allo quale fo reverentia e bacio le mani.

In Napoli il dì 1° Aprile 1615.

Giovanni Battista de Fusco. Tabolario


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