.

.Castello di Monteserico - Analisi architettonica  (*)

Sono individuabili almeno tre fasi distinte di intervento che si inseriscono fra il periodo normanno e quello che si può definire “primo rinascimentale”. Queste tre fasi pur attraverso varie trasformazioni hanno conservato l’impianto tipologico del castello, quello a “donjon” tipico dell’architettura normanna che accomuna il castello di Monte Serico al maschio di Castel Lagopesole. Il rapporto tipico della tipologia a donjon, cioè quello tra spalto fortificato e torre centrale, fu poi alterato dalle trasformazioni che l’impianto subì nei secoli successivi e precisamente con la costruzione degli ambienti a nord e ad ovest, che chiusero su questi lati la corte anulare. Il castello,  sorto come residenza-fortezza, sfruttando sapientemente le risorse naturali derivanti dalla particolare giacitura del terreno, presenta una struttura muraria a sacco con conci di pietrame di medie dimensioni e informe, lavorati con malta argillosa a basso potere legante. I cantonali d’angolo sono realizzati, invece, con conci di pietra ben squadrati.

Si accede al castello (il cui ingresso è sollevato dal suolo come in tutte le fortezze normanne) mediante un ponte in fabbrica che andò a sostituire il ponte levatoio, il quale si apriva su questo stesso lato e di cui restano tracce sul prospetto  est corpo centrale. L’ingresso è sottolineato da un portale, un’ornia di pietra ad arco a tutto sesto, del XIX secolo che porta all’angusta corte anulare. Le dimensioni ridotte della corte sono spiegabili in relazione agli spalti protetti (a sud e a nord) i quali sorgevano sulla imponente massa muraria che recinge il maschio centrale. Ad essi si accedeva mediante  ponti levatoi così come attestano i due fori ai lati dell’apertura n° 2 del prospetto sud corpo centrale.

 La massa muraria, in cui la presenza dello spalto a scarpa ha portato taluni storici a sostenere  la presenza di interventi di opera rinascimentale sull’originaria muratura verticale, presenta ancora i caratteri difensivi impressi dall’opera normanna. Tra questi le feritoie, alcune delle quali furono trasformate molto probabilmente nel V secolo  in finestre per i locali di servizio, altre furono invece murate così come si può notare a sinistra del prospetto est. Su questo lato è possibile inoltre vedere lo spessore originario del muro di cinta, al di sopra del quale correva un camminamento di difesa in grado di collegare i due spalti a nord e a sud del complesso; sicuramente la parte del muro a destra più sottile è stata ricostruita posteriormente. Di particolare importanza sono invece i due piombatoi del lato sud, “fatti a mo’ di luci protette da ampia gabbia posata su mensole leggiadramente profilate ed assai sporgenti” suggeriscono un’analogia con i  “veroni del primo rinascimento architettonico e...chi sa, pensammo, che non fosse questa l’origine dei parapetti dei balconi isolati, la imitazione cioè dei buttafuochi sviluppati ed armonizzati così che, oltre la luce, solo la soglia manchi per dirli balconi quattrocenteschi a parapetto pieno” (F. LACCETTI, “Il castello di Monteserico” da “Napoli Nobilissima”, vol. XII, Napoli aprile 1903)

La torre centrale che si sviluppa su due livelli,  si apre a piano terra su un’ampia sala coperta da una volta in tufo a sesto acuto. L’ambiente risulta bipartito, parallelamente alla parete d’ingresso, da un grande arco  a sesto acuto non appartenente alla struttura originaria, ma costruito come opera di rinforzo alla struttura stessa e che comportò la chiusura della porta n°23 della pianta quota 0,00. Tale porta chiusa, superiormente da un arco ribassato, fu aperta contemporaneamente alla costruzione degli ambienti di servizio a sud;  al di sopra della porta è visibile il foro di un condotto portavoce che si ricollega ad un’analoga apertura a quota +5.60.

L’originario ingresso alla sala era quello che tutt’oggi si apre ad ovest della torre: si tratta di una porta in conci lapidei con chiusura superiore a sesto acuto e cardini (sede del paletto) in pietra lavorata. Anche qui al di sopra della porta è presente un condotto portavoce o foro di areazione.  Si può supporre che per chiudere questo condotto sia stata operata la traccia visibile sul prospetto ovest corpo centrale, si tratta di una larga fascia verticale in mattoni inserita a taglia e cuci visibile nella parte alta della facciata e, a livello dell’atrio, celata dall’intonaco. Quest’ultimo a base cementizia, globalmente di scarsa coesione, ancora presente su diversi strati e in tracce, in varie parti del complesso, presenta variazioni del colore che vanno da gradazioni del grigio-giallognolo al bianco.

L’attuale porta d’accesso al corpo centrale è un’apertura in breccia praticata sicuramente nel XIX secolo e rinforzata recentemente con una spalletta in muratura di mattoni.

La sala è illuminata da tre finestre: quelle che si aprono sul prospetto est e sud sono sicuramente attribuibili alla prima fase, anche se molto rimaneggiate; la terza che si apre invece sul prospetto nord si ottenne in seguito alla chiusura della porta n°21 della pianta quota 0,00.

Al di sotto di quest’ambiente vi è l’ampia cisterna di raccolta delle acque piovane. Il serbatoio, cui si accede mediante la botola n°26 (pianta quota 0,00), appartenente alla struttura originaria , è caratterizzato da un ambiente con pilastro centrale, doppio arco e doppia volta a botte (analoga struttura si ritrova nel maschio di Castel Lagopesole).

Questa prima sala presenta inoltre un camino di fattura seicentesca e un forno a pianta circolare, rimaneggiato e ridotto nelle dimensioni. Quest’ultimo insieme alla scala a chiocciola evidenzia una simmetria planimetrica, frutto di una  precisa volontà progettuale rispettata anche in seguito quando, in epoca sveva, furono costruiti tutti gli ambienti del piano seminterrato adibiti a magazzini e a stalle (anch’essi coperti da un sistema di volte a botte). La simmetria dei corpi circolari posti sulla diagonale del complesso continua infatti con il silos e il corpo scala di collegamento fra i locali di servizio e i magazzini sottostanti. Il silos a pianta circolare è un ambiente voltato con caratteristiche di lavorazione della pietra di epoca sveva, esso non presentava accessi a livello, ma una apertura a pozzo sulla volta, che permetteva il deposito delle granaglie (evidente anche in questo caso la similitudine dell’impianto del castello di Monte Serico con la torre di San Marco Argentano). L’accesso alla scala a chiocciola si apre in fondo all’angolo di sinistra della sala, essa è ricavata nella muratura e presenta gradini fatti di masselli in pietra lavorati e tagliati in modo tale che l’anima faccia parte della stessa sagoma del gradino. Tale scala  sale ora fino al primo piano, la restante parte del collegamento è stata sicuramente oggetto di crollo ma è certo che, come riportato dal Laccetti in “Il castello di Monte Serico”, essa continuava fino al piano superiore non più in pietra ma con gradini in forte essenza di legno. Gli attuali gradini di pietra, per il loro disegno ricordano quello delle architetture sveve, forse una gran quantità dei gradini è stata appunto sostituita in epoca federiciana; sicuramente originali del periodo normanno sono quelli più bassi. La torre delle scale era illuminata da due finestrelle, una sul lato ovest ed una sul lato sud; quella a sud è stata tamponata e al suo posto è stata aperta una nuova, in breccia, affiancata all’arco rampante.

Anche quest’ultimo non appartiene alla struttura originaria, ma fu aggiunto al complesso come supporto strutturale sicuramente in seguito al formarsi della fessurazione che corre sul prospetto ovest del corpo centrale.

Il primo piano della torre, originariamente, doveva presentare due soli ambienti, entrambi voltati a botte e riscaldati da due camini (oggi resta solo quello dell’ambiente più grande di epoca federiciana, anche se visibilmente rimaneggiato), attualmente invece risulta tripartito. Il primo ambiente a cui si accede direttamente dalla scala a chiocciola è coperto da una volta a schifo in materiale lapideo che ha sostituito, probabilmente nel seicento, la volta originaria  a botte  in tufo, analoga alle altre ancora visibili. Il secondo ambiente è stato diviso da un muro non ammorsato alla muratura originaria che presenta una porta di collegamento fra le due stanze così ottenute. Quest’ultimo ambiente doveva essere illuminato in epoca normanna da un’apertura sul lato est di cui restano tracce sul prospetto, infatti la tamponatura trapezoidale sotto l’arco di scarico (prospetto est corpo centrale) doveva essere la sede di questa finestra. Gli ambienti, attualmente, sono illuminati da finestre tra loro coeve, non appartenenti alla struttura originaria, sollevate dal pavimento mediante tre gradini. Le uniche aperture, su questo piano, che si ritiene appartengano alla struttura originaria, sono quelle sul lato sud e su quello nord (queste secondo alcune ipotesi dovevano collegarsi tramite ponte levatoio agli spalti difensivi). L’apertura sul lato sud (n°2 prospetto sud corpo centrale) presenta una piattabanda in facciata composta di tre blocchi in pietra: due ammorsati nella muratura e uno di chiave. Essa conserva ancora dei cardini in pietra, i resti di quella che un tempo doveva essere una porta che fu successivamente tamponata. La finestrella aperta poi nella tamponatura lascia supporre che in un secondo tempo il passaggio sia stato trasformato in un ripostiglio o in un servizio igienico. Interessante è invece la nicchia ricavata nella muratura accanto a questa porta. In corrispondenza della nicchia si trova nel pavimento una apertura: il foro di un condotto che conduce alla porta n°23 a quota 0,00. Si tratta di un condotto portavoce e al contempo opera di alleggerimento e areazione che si ritrova nelle architetture normanne prima, e sveve poi, così come è testimoniato anche dalla torre di San Marco Argentano che presenta un analogo condotto portavoce che va dai piani superiori fino al piede della torre.

Tra il piano terra e il primo piano, e tra questo e il piano di copertura si aprono altri ambienti: i mezzanini. Sono dei cunicoli che occupano il rinfianco vuoto delle volte di copertura, la loro funzione resta ancora imprecisata, non si sa infatti se servissero da prigione, da rifugio o ad altro scopo imprecisato, certo è che non erano solo risultanze costruttorie per alleggerire il corpo di fabbrica. Questi cunicoli erano illuminati da caditoie ancora visibili sui prospetti. A quelli a sud si accedeva direttamente dalla scala a chiocciola; per quanto riguarda il mezzanino a nord, ad esso l’accesso era reso possibile mediate una botola (pianta quota +5,60).

La torre centrale si conclude con un piano di copertura a terrazzo, dal quale emergono i comignoli del forno e dei camini e la struttura circolare del corpo scala. Il terrazzo ha un’inclinazione che converge al centro dei lati est ed ovest con una linea di impluvio che corre da sud  a nord. Tale linea è caratterizzata da lastre di pietra concave, il cui punto di massima pendenza si ha nel centro del lato nord. In corrispondenza di questo punto doveva trovarsi in facciata un discendente in lamiera. La sistemazione del terrazzo può datarsi ad un periodo contemporaneo alla costruzione della volta a schifo dell’ambiente ovest a quota +5,60 e pertanto può supporsi che l’intera superficie sia coperta da lastre di materiale lapideo che dovevano proteggere il manufatto dalle possibili infiltrazioni. Questo intervento rendeva inutile il discendente in materiale lapideo di epoca sveva che corre sul lato destro del prospetto est. Il canale di scolo è ricavato in blocchi di pietra che risultano a tratti sbrecciati in facciata a causa di interventi dovuti ad opere di manutenzione del condotto, successivamente chiuso da una tamponatura in materiale  di riuso. Si nota anche un intervento di collegamento a questo scolo delle acque provenienti dalla terrazza sovrastante gli ambienti a nord. Le acque passanti per questo condotto affluivano in epoca federiciana alla cisterna. Il parapetto del terrazzo è provvisto di feritoie e bucature quadrate, di queste alcune sono state chiuse, altre mancano a causa del crollo del parapetto o a causa del suo ripristino. Tra le bucature  sul parapetto se ne notano alcune attribuibili ad interventi successivi, sono delle bucature triangolari ottenute mediante l’uso di laterizi.

Alla torre centrale furono aggiunti nei secoli successivi al V vari ambienti. La prima opera di ampliamento fu la costruzione dell’atrio scoperto sul lato ovest (opera contemporanea alla costruzione della cavallerizza ), successivamente coperto, così come attestano le rimanenti tracce (le travi in legno incastrate nella muratura e alcuni coppi) di una copertura con falda inclinata verso l’esterno. Tale ambiente presentava una finestra trasformata in porta in seguito alla chiusura della porta n°8. L’accesso era reso possibile, dato il dislivello con la corte, mediante una scala in struttura lignea; questo passaggio agevolava i percorsi servizi-torre e stalle-torre. Un’ulteriore apertura metteva in comunicazione l’atrio con l’ambiente a nord-ovest realizzato molto probabilmente nel corso del XIX secolo contemporaneamente agli ambienti a nord.

Il primo ambiente è coperto da un solaio in ferro e laterizio, costituito da una orditura di travi di ferro a doppio T disposte parallelamente al lato minore dell’ambiente, con un interasse di 80 cm.; il vuoto fra le travi è coperto da volticelle di mattoni in laterizio ad una testa e calcestruzzo leggero di riempimento. L’ambiente si apre ad ovest con due grandi finestre con arco a sesto ribassato in laterizio; la parete nord risulta completamente crollata. Tanto la pavimentazione quanto il camino angolare, presenti in questa stanza, sono attribuibili ad interventi molto recenti. Il locale permetteva inoltre il collegamento degli ambienti a nord con il corpo centrale nel momento in cui venne chiusa la porta n°21 della pianta a quota 0,00. Questi ambienti oggi totalmente crollati, ma integri fino al 1960, così come è documentato da una foto aerea, dovevano essere degli ambienti destinati ad uso residenziale, erano coperti da volte a botte in struttura lapidea; ad essi si poteva accedere direttamente dalla corte mediante i due ingressi chiusi da archi a sesto ribassato visibili nel prospetto sud corpo centrale.  Al di sopra di questi ambienti era poi un’ampia terrazza di cui è ancora visibile l’altezza del parapetto e la pavimentazione. Le diverse quote della pavimentazione del terrazzo fanno supporre la presenza di un impluvio verso est così come è confermato dalla presenza dell’allaccio al discendente sul prospetto est.

Dall’osservazione del prospetto nord si nota la presenza di una linea di sottoquadro fra la parte superiore della facciata e l’area di contatto tra la volta e la facciata; trovandosi la finestra arretrata rispetto al filo della parete superiore dello spessore del sottoquadro, si può ipotizzare che la facciata sia stata completamente rifoderata in corrispondenza con la costruzione della volta. La zona di ammorsamento  della volta alla parete è invece rimasta arretrata mantenendo intatto il livello della facciata originale.

Sul lato sud della corte si apre la facciata dello spazio di servizio. Assai rimaneggiata mantiene tuttavia, dell’impianto originario, gli accessi agli ambienti di servizio. L’altezza della facciata risulta alterata a causa della costruzione del tetto ad una falda con spiovente verso il cortile, costituito da semplici travi in legno al di sopra delle quali sono posti i correnti in legno ed il pianellato di tavole su cui poggiano i coppi. Nella facciata sono stati scavati ed incassati i discendenti. Gli ambienti, comunicanti fra loro, sono coperti da volte a botte di cui sono visibili in facciata gli archi traccia delle stesse.

La corte che corre intorno alla torre centrale è pavimentata con ciottoli di fiume. Nello spazio della corte antistante l’attuale ingresso vi è una botola che porta ad un passaggio con inclinazione della voltina di copertura tramite il quale si accedeva agli spazi seminterrati prima della creazione della cavallerizza. La corte, inoltre, presenta una differenza di quota sul lato sud che dà origine ad una piccola discesa seguendo la quale è possibile accedere ai locali seminterrati. La porta di accesso presenta un arco ribassato e piattabanda in mattoni ricostruita nel XIX secolo, quando fu allargata anche la spalla destra dell’ingresso. Di qui si accedeva ai locali seminterrati  tramite una scalinata che fu ricoperta e trasformata in rampa, allo scopo di favorire il passaggio dei carri, a seguito della costruzione della cavallerizza che, come abbiamo già visto, portò ad una revisione dei percorsi interni del castello. Gli accessi a questi stessi locali, visibili sul prospetto est, furono realizzati in breccia con mazzette di mattoni molto probabilmente all’inizio del ‘900.

Torna alla pagina principale della Sezione Castello

(*) Fonte: Arch. A. Pedone