ANTONIO CARULLI


Cenni biografici

Antonio Carulli, nato a Palazzo San Gervasio (PZ) il primo gennaio del '44, a 16 anni si trasferisce  a Milano dove frequenta la Scuola Libera del Nudo presso l'Accademia di Brera.

Al 1967 risalgono le sue prime opere su tela, ma esprimerà le sue capacità artistiche soprattutto nella scultura lavorando l'argilla, la pietra, il legno e il ferro, il suo materiale preferito.

  • Le sue creazioni sono state esposte in varie mostre personali e collettive: a Milano, Como, Chianciano, Margherita di Savoia, Venosa, Lavello, Padova e Palazzo San Gervasio, dove l'artista risiede dal 1984, occupandosi delle sue passioni: l'equitazione e la scultura.

  • Diverse opere scultoree sono collocate presso Enti Pubblici e collezioni private; a Palazzo S.G. presso l'Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri e Linguistico; in Largo Toscana; a Venosa nell'Istituto dei Padri Trinitari; in Acerenza nella sala consiliare del Municipio; a S. Andrea di Atella presso l'Azienda di Stato, gestita dalla Forestale; nel Centro Ippico Brianteo Birago (CO).

Una recensione  (di Isabella Filardi)


Studio arte visiva Sagittario 13 - c/da Terzo di Capo - Palazzo San Gervasio (Pz)

 


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  Metodo, azione e prassi nella scultura di Antonio Carulli


 Spesso, per non dire sempre, scultura ed immobilità sono termini che vivono in simbiosi.

 Così è se pensiamo a gran parte dell'arte romana e agli elementi scultorei che quella cultura ci ha lasciato: la potenza dell'impero si manifestava nei tratti severi dei suoi imperatori come nella materna austerità delle giunoniche donne. Non un'espressione o letizia scalpellata sul marmo dell'impero, solo rigida proporzione e sevèritas, appunto, coagulata e immortalata nell'immobilità.

Così parrebbe essere la scultura di Carulli se vi gettiamo un primo sguardo che si arresta alla superficie: metallo domato e piegato al volere dell'artista fino ad assumere forme particolari, inconsuete, irrigidite dalla tempra della materia.

Invece, le opere di Carulli sono leggere, aeree, godono di trasparenza, affermano e contraddicono spessore e densità.

Possono essere osservate, toccate e ... attraversate. Sono fatte col ferro ma contengono aria, esplorandole con lo sguardo si percepisce il pieno ma si coglie il vuoto cosicché il vuoto o l'assenza non è limite, non è mancanza o carenza di materia quanto, invece, sostanza stessa inscindibile dall'opera. 

Nell'arte di Carulli il vàcuus è experièntia così come il plenus; può essere scrutato, indagato, esperito; migra dalla sua essenza/assenza e diviene quasi tattile, percepito e colto: i varchi che si aprono nelle sculture carulliane sono spicchi di cielo, materia primordiale malleabile e duttile come il metallo e -come questo- usata e plasmata, prima dominata, poi fucinata e forgiata con gli altri elementi alla maniera di Vulcano.

L'estrema attualità del nostro artista risiede nel singolare paradosso costituito dalla cinetica immobilità delle sue opere.

Consideriamo, ad esempio, il sagitto-centaurus raffigurato in "Freccia sognante", un autentico gioiello manufatto dal Carulli. 

Il saggio Chirone non ha saette né faretra ma è sorpreso nello spasmo dello scocco. Una moltitudine di domande si affaccia prepotente: dov'era riposta quell'unica freccia? e quando è stata scoccata? e il bersaglio, chi o cosa era? ed è stato raggiunto e colpito? Par di vedere la parabola del dardo (e il dardo stesso) saettare nel cielo limpido delle valli dell'Epiro e superare le cime della Tessaglia.

L'oscuro Eraclito e le sue dissertazioni sono drammaticamente presenti in quest'opera superba in cui «L'arco (biòs) ha dunque per nome vita (bìos) e per opera morte». La contrapposizione degli opposti in dinamico equilibrio: presenza e assenza, pieno e vuoto, vita e morte in perenne e continuo divenire come un'araba fenice che vive perché possa morire e muore affinché possa rinascere a nuova vita.

Questo ed altro ci racconta e rappresenta l'opera di Carulli, sì immobile ma non inanimata, ferma ed "e-statica" nella posa così come viva ed "in-stabile" nell'atteggiamento, plasmata nel metallo e impastata a lame di luce. L'opera carulliana afferma e contraddice Zenone: il soggetto è immobile e la freccia del suo arco non può coprire distanze divisibili all'infinito in un tempo finito, il movimento, dunque, è assurdo e impossibile. Ma l'arco è teso e la sua corda ha vibrato, la freccia è stata scagliata, non è più presente sulla scena e quindi è in movimento, è altrove.

Sembra di capire il senso della freccia mancante, la freccia ormai scoccata che colpisce inevitabilmente l'immaginario dell'osservatore e lo trascina prepotentemente sulla scena ad integrare l'opera, ad aprire il rotolo in cui è custodito il messaggio, a varcare la soglia della riflessione.

L'arte di Carulli è proprio questo, un frutto acerbo che matura sotto lo sguardo di chi ne gode la vista.

Emblematico, poi, il titolo che l'Artista ha voluto dare a quest'opera: "Freccia sognante". 

Un titolo che da solo spiega l'opera stessa. Un titolo che indica l'oggetto d'arte ma, allo stesso tempo, non ne concretizza la materialità: uno strano connubio tra presenza e assenza che rimanda ad una dimensione onirica e ludica e che sembra permeare l'intera arte del Carulli.

Le trasparenze vengono poi accentuate in altre opere come, ad esempio, nel meditabondo "Unicorno" o nel dolente nitrito di "Primavera nell'aria" e sono marcate e addirittura esasperate in "Lotta nel cielo" ove l'opera è quasi dematerializzata concretandosi nella sola struttura.

Per chiudere sul singolare paradosso cui abbiamo fatto cenno, una menzione particolare merita "Armonia", una sinuosa ninfa fissata, anzi, meglio sarebbe dire trattenuta al suolo con un singolo punto di connessione che sembra voler contestare l'assunto newtoniano: l'opera appare in procinto di levitare, inesorabilmente, in un balzo verso il cielo.

O verso l'ignoto. Tutto da indagare, esplorare, com-prendere.

E torniamo quindi al paradosso: Carulli forgia, accosta, modella aria e metallo, ne trae oggetti d'arte, immobili.

Ma rappresenta dinamicamente l'azione, il gesto, il movimento. Come una silente pantomima, come il singolo fotogramma, è parte inscindibile di una sequenza filmica. Queste opere d'are sono dotate, quindi e appunto, di una cinetica immobilità.

La cultura greca deve aver lasciato un segno se Carulli opera in tal modo, se usa il mito per raccontare storie, per evocare suggestioni e rappresentare sensazioni, per dar forma a emozioni.

Un odierno e schivo Efesto, Carulli, il greco. (*)


(*) il riferimento al figlio di Zeus ed Hera, sposo di Afrodite, allude alla sua mirabile capacità di lavorare i metalli

Alcune opere tratte dalla vasta produzione dell'Artista

Clik sull'immagine per vederla tutta o per ingrandirla

Legenda

1

2

cm. 160x118 Ferro

3

 

4

 

5

 

  1. IL MAGICO MONDO CARULLI 

  2. 2005 - FRECCIA SOGNANTE

  3. 2005 - FRECCIA S.

  4. 2005 - FRECCIA S.

  5. 2005 - FRECCIA S. - PARTIC.

  6. L'artista accanto a un'opera

  7. 2004 - ARMONIA

  8. 2004 - ARMONIA - PARTIC.

  9. 2006 - L'IMPENNATA

  10. 2006 - L'IMPENNATA

  11. 2006 - IL VIAGGIO

  12. 2006 - IL VIAGGIO

  13. 2001 - SENZA TITOLO

  14. 2001 - SENZA T. - PARTIC.

  15. 2006 - ELEVAZIONE

  16. 2005 - ARIA

  17. 2005 - ARIA - PARTIC.

  18. 2006 - LEDA E IL CIGNO

  19. 1980 - PRIMAVERA NELL'ARIA

  20. 2003 -  LOTTA NEL CIELO

  21. 2006 - UNICORNO

  22. 2006 - VORTICE

  23. 2003 - L'ABBRACCIO

  24. 2003 - GEA

  25. 2004 - LEDA E IL CIGNO

  26. 1986 - DONNA CON GATTO

  27. 1986 - LA SORGENTE

  28. 1986 - ESTASI

  29. 1986 - PREGHIERA

  30. 1986 - ATLANTE

6

7

cm. 45x9 Ferro

8

 

9

cm. 29x42 Ferro

10

 

11

cm. 90x63 Ferro

12

 

13

cm. 130x110 Ferro

14

 

15

cm. 45x86 Ferro

16

cm. 30x97 Ferro

17

 

18

cm. 19x27 Ferro

19

cm. 53x44 Ferro

20

cm. 70x73 Ferro

21

cm. 39x60 Ferro

22

cm. 14x59 Ferro

23

cm. 16x40 Ferro

24

cm. 23x58 Legno

25

cm. 110x34 Legno

26

cm. 26x35 Terracotta

27

cm. 23x27 Terracotta

28

cm. 35x18 Terracotta

29

cm. 25x33 Terracotta

30

cm. 23x35 Pietra

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